È un manifesto europeista, il suo, ed è anche un abbraccio sincero a tutto ciò che la guerra in Ucraina ci ha ricordato che dobbiamo amare, proteggere, difendere e non disprezzare. E dunque, dice lui, non si può avere alcun dubbio su chi sia, in Ucraina, l’aggressore e chi sia l’aggredito. E non si può avere alcun dubbio, dice sempre lui, sul fatto che una politica moderna debba combattere la nostalgia del passato, occupandosi contemporaneamente di come rappresentare la stagione della responsabilità. E quindi, anche qui, nessun dubbio. L’Europa deve essere più forte, non più debole, e le istituzioni europee devono lavorare necessariamente a una nuova e maggiore integrazione per arrivare, finalmente, a una moderna politica industriale europea, perché, in un mondo popolato da giganti, muoversi da topolini può essere pericoloso. Lui è Massimiliano Fedriga, è il governatore del Friuli Venezia Giulia, è il presidente della Conferenza stato regioni, è un leghista del nuovo millennio, il più draghiano forse dei leghisti di governo, e giovedì, a Gorizia, nel corso di un pomeriggio organizzato da Ambrosetti sul tema del cambiamento, ha accettato di sfruttare un assist del Foglio, sotto forma di domanda, e ha ragionato per qualche minuto con noi su cosa significhi oggi mettersi alle spalle la stagione della rincorsa alla nostalgia.
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