Negli ultimi quindici anni il meridione è cresciuto meno anche rispetto ad altre regioni europee meno sviluppate. Con tutte le cautele del caso, allora, c’è forse anche un problema di insufficiente richiesta di buoni interventi, sul quale solo i cittadini, e non i policymaker romani o locali, possono intervenire
Qualche giorno fa la Banca d’Italia, nell’ambito di un convegno che ha visto gli interventi, tra gli altri, del governatore Ignazio Visco e del ministro per il Sud Mara Cafagna, ha presentato un ricco report sull’economia del Mezzogiorno, nella migliore tradizione del “conoscere per deliberare” (Luigi Einaudi). Non è possibile discutere qui l’intero documento in poche righe, ne trarrò quindi solo alcuni spunti. Innanzitutto, perché occuparsi ancora di divario nord-sud? Al di là del noto argomento perequativo (i diritti e le possibilità delle persone non dovrebbero dipendere dal luogo in cui si nasce), sempre valido, il divario nord-sud interseca oggi il tema della sostenibilità del debito pubblico (151 per cento del Pil oggi, 134 per cento nel 2019) e la scommessa del Pnrr.
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