l'intervista
Marattin (Iv): “Renzi e Calenda insieme? Sì, lavoriamo su ciò che ci unisce”
"Conosco bene le difficoltà di tenere assieme Italia viva e Azione, ma la posta in palio è troppo alta: facciamo uno sforzo. Beppe Sala come nuovo aggregatore del centro? Spero la sua energia possa essere utile oltre Milano". Parla il deputato renziano
Luigi Marattin non la considera affatto una missione impossibile, tutt’altro. Unire Matteo Renzi e Carlo Calenda all’interno di nuovo polo centrista? “Faccio parte di coloro che ritengono il dialogo tra le comunità politiche di Italia viva e di Azione-Più Europa una condizione necessaria ma non sufficiente per la costituzione di un’offerta politica liberal-democratica, alternativa a conservatori, sovranisti e populisti”, spiega al Foglio il deputato di Iv. “Conosco bene le difficoltà di questa operazione, ma la posta in gioco è talmente alta che credo ci voglia uno sforzo di generosità e di impegno da parte di tutti”.
Lo abbiamo scritto ieri su questo giornale. Renzi e Calenda condividono la stessa collocazione europeista, atlantista, anti smargiassate. Vogliono entrambi offrire un sostentamento politico che vada oltre la fine del governo Draghi. Visti dall’alto, si noterebbero più i punti di contatto che le discrepanze. Eppure una loro unione sembra ancora lontana da venire. Ostacolata da sempre nuove ostruzioni, personali e non. Forse è l’ora di focalizzarsi sui fondamentali per agevolare questo matrimonio? “Il pensare al chi prima del cosa e del come è un vecchio vizio della politica italiana”, risponde Marattin. “Ora, non sarò certo io a sminuire il ruolo centrale di una leadership e di una classe dirigente. Qui però sta un altro equivoco, ancor più pericoloso del precedente. Leader e classe dirigente sono un connubio unico. Uno senza l’altro non funziona”. Renzi e Calenda mirano entrambi a costruirli, questi due asset. Anche se il secondo ha già delineato un progetto preciso: far nascere un soggetto che non sia buono solo a far pendere la bilancia tra centrodestra e centrosinistra. Bensì a costringere le forze responsabili a sostenere Draghi anche dopo il 2023. Condivide? “Non mi permetto di tirare per la giacchetta il premier, che sostengo e sosterrei in futuro senza un briciolo di esitazione”, ci dice il presidente della commissione Finanze alla Camera. “Ma il respiro di questa nuova offerta politica non può esaurirsi in un nome, altrimenti ripetiamo un altro errore storico: riporre tutte le speranze di salvezza del paese in un’unica persona”. E anche quando facciamo il nome di Beppe Sala come possibile figura di aggregazione, Marattin ci confessa di essere un “suo grande estimatore. A Milano sta facendo un lavoro eccellente e spero possa essere un’energia fondamentale anche oltre il capoluogo meneghino. Ma non mi permetto di tirare neppure lui per la giacchetta”.
Andiamo sui contenuti. Di cosa ha bisogno un “sano contenitore riformista”, come lo ha etichettato Renzi? “Le caratteristiche principali sono: il credere che la globalizzazione sia, a certe condizioni, ancora più foriera di opportunità che non di danni. Che l’obiettivo della politica sia ampliare il più possibile le scelte che tutti gli individui possono fare”, argomenta Marattin. E poi ancora che “vadano redistribuite le opportunità, prima del reddito. Che i problemi dell’Italia non derivino né dall’euro né dalla poca spesa pubblica, ma dall’aver fallito la sfida dell’adeguamento del nostro sistema allo shock della globalizzazione”. Vaste programme. Nel frattempo, sembrano prevalere le schermaglie, le polemicuzze. Calenda vi accusa si esservi alleati con destra e M5s alle amministrative. “Se adesso rispondessi che anche Azione in alcuni comuni è di fatto in coalizione con esponenti grillini contribuirei ad alimentare polemiche, come fanno in molti”, sottolinea l’esponente renziano. “Invece vorrei mettermi al lavoro sulle cose che ci uniscono, tentando gradualmente di allargarle sempre di più”.
Un ultimo cenno lo merita la legge elettorale: e cioè se per far sbocciare questo nuovo gorgo centrista non sia meglio ripiegare su un proporzionale puro. Non trova? “Io personalmente sogno una Repubblica monocamerale, con un sistema maggioritario a doppio turno di collegio, e l’elezione diretta del premier”, confessa Marattin. “Ma se questo non sarà possibile, meglio il proporzionale che l’ennesimo ibrido, che ha portato solo guai”.