Elezioni e acciaio
Per chi vince a Taranto la sfida è già scritta: il futuro ecologico dell'ex Ilva
Centrosinistra e centrodestra nella città dei due mari hanno una cosa in comune: un candidato sindaco che viene dal Partito Democratico. All'agone elettorale partecipano anche due civici (uno giornalista amico di Paragone e un ex consigliere del M5S). Chi vince avrà la "fascia green" e dovrà gestire i fondi Ue della transizione ecologica verso decarbonizzazione e idrogeno
Taranto, capitale dell’acciaio italiano nata colonia spartana nella Magna Grecia, è la nuova frontiera dell’Italia che vuole provare a darsi un orizzonte industriale. E le comunali della Città dei Due Mari non incoroneranno solo un primo cittadino, ma il sindaco dalla fascia green che dovrà “ambientalizzare” il soffio del drago, ovvero la produzione dello stabilimento ex Ilva, gestire lo sviluppo territoriale sulla strada della transizione ecologica, rilanciarne la vocazione turistica nonché ponderare la prospettiva commerciale del porto dove l’area container è gestita dai turchi della Yilport.
Centrodestra e centrosinistra: entrambi puntano su candidati di provenienza dem
La partita elettorale è a quattro e i due maggiori poli - centrosinistra con l’apporto dei grillini (qui espressione del braccio destro di Giuseppe Conte, Mario Turco) e centrodestra - presentano una offerta speculare: i giallorossi ripropongono il sindaco uscente, il dem Rinaldo Melucci (favorito per i sondaggi), disarcionato prima della fine del mandato dalle manovre dei civici emilianisti; i conservatori hanno scommesso su Walter Musillo, ex segretario provinciale del Pd, sostenuto dai partiti nazionali più un pezzo di civismo che a Bari sostiene Mike l’Emiro. Gli altri due competitor? Il giornalista Luigi Abbate, anche lui civico ma sponsorizzato da Italexit di Gianluigi Paragone, e Massimo Battista, operaio del siderurgico, ex consigliere comunale del M5S, attivista del comitato Cittadini e lavoratori liberi e pensanti, vero contropotere ecologista, in passato sedotto dai pentastellati al tempo in cui annunciavano la chiusura dell’ex Italsider.
Se si arriva di notte in città dalla Statale 7, si viene accolti da un paesaggio modello Blade Runner: lo skyline è composto dalle immense cisterne della raffineria Eni, dalle ciminiere della cementeria e dagli altoforni di Acciaierie d’Italia, poi c’è il quartiere Tamburi, che dà alloggio agli operai, e piano piano si declina verso il centro città, le strade dello shopping (Via d’Aquino e Via Di Palma), il ponte girevole, il castello aragonese e i palazzi che guardano il golfo, e poi le spiagge caraibiche nella macchia mediterranea verso Lizzano. Il gioiello è il MarTa, museo degli ori, la cui eccellente direttrice, Eva degli Innocenti, ha recentemente annunciato che lascerà l’incarico costretta dall’osservanza dei termini ministeriali.
L'elezione e l'intreccio (inestricabile) con il futuro dell'ex Ilva
Sulla comunità ionica si gioca la partita dell’ “ambientalizzazione”, neologismo-eufemismo per indicare la trasformazione di una fabbrica che in passato ha trascurato la modernizzazione, e ora deve realizzare l’ossimoro di produrre acciaio “pulito”. Basterà la protezione del dio Efeso e della Madonna addolorata, venerata nella processione pasquale dei Misteri, vero cult di sacralizzazione dell’anima popolare, per realizzare il miracolo di tenere insieme salute e lavoro? Qui nacque la telecrazia prima di Berlusconi (con Giancarlo Cito, sindaco grazie alla sua tv At6) e qui la Lega ora tenta l’operazione mimetica “Prima l’Italia”, rinunciando allo spadone di Alberto da Giussano. Qui i 5S provano a darsi un tono governista, dopo le sparate populiste contro gli altiforni, e qui il Pd abbozza la rivendicazione di un radicamento operaio, anche se Enrico Letta non è andato a fare volantinaggio nella giornata elettorale davanti all’ingresso dello stabilimento. Del resto, sempre qui, è evaporata la sinistra post-comunista di Vendola per sempre dopo una telefonata inopinatamente sbarcata dell’ex governatore con il capo della comunicazione dei Riva, ex padroni del vapore Ilva.
Il futuro di Taranto? Sarà politico e perciò industriale, con una spruzzata di idrogeno, la nuova utopia energetica apprezzata da Mario Draghi per il Pnrr e sponsorizzata da Michele Emiliano, che è ormai avvitato da anni alla prospettiva della decarbonizzazione.
La sofferenza dei tarantini e l’ebbrezza di stare in una città che dovrà cambiare, tra note di Battiato e fondi Ue, ha animato una forte narrazione letteraria localista, con gli scritti di Mario Desiati, Cosimo Argentina, Giuse Alemanno, Angelo Mellone e del compianto Alessandro Leogrande. Resta l’unica certezza: chi vince siederà sul ventre del drago e dovrà tentare di rendere sostenibile anche il suo respiro infuocato.