Cortocircuiti

I referendum agitano i grillini. Battelli contro il vice di Conte: “Non ritirare le schede non è da M5s”

Gianluca De Rosa

Il vicepresidente del M5s Mario Turco dice di essere andato a votare per le amministrative, ma di non avere ritirato le schede dei quesiti sulla giustizia. Il fedelissimo di Di Maio si indigna e sui social scrive: "Democrazia è informare e giocarsela"

Giustizialismo e democrazia diretta. Per il M5s è praticamente il binomio originario. E dunque non c’è da stupirsi se i referendum - che della democrazia diretta sono lo strumento principe, quello previsto dalla Costituzione - sui cinque quesiti ultra garantisti sulla giustizia mandi in corto circuito il Movimento: la democrazia diretta vale anche se rischia di depotenziare i beniamini di un tempo, i magistrati?

  

Questa mattina il paradosso è precipitato in un’intervista pubblicata su La Stampa. A parlare è Mario Turco, vicepresidente del M5s (per ironia della sorte quasi omonimo di Maurizio Turco, radicale e promotore dei referendum insieme al segretario della Lega Matteo Salvini). Turco, che ha votato a Taranto per scegliere il nuovo sindaco, sui referendum ammette di non avere “neppure ritirato le schede. Non volevo contribuire con il mio voto a un’iniziativa che ritenevo sbagliata, un vero attacco politico alla magistratura”.

  

La dichiarazione ha creato scompiglio tra le fila grilline. “Mi stupisco che i vertici del M5s, che ha fatto della democrazia diretta un punto centrale, si vantino di non aver ritirato neanche le schede dei referendum. La democrazia è informare, votare, giocarsela”, ha scritto su Instagram Sergio Battelli, deputato del M5s e presidente della commissione Affari europei di Montecitorio, trasformando in parole lo stupore di tanti.

  

Nei mesi scorsi Battelli, mentre Giuseppe Conte pianificava con Matteo Salvini di portare al Quirinale Elisabetta Belloni, fu tra i primi grillini a sostenere la linea che poi risultò vincente alle elezioni quirinalizie: il Mattarella bis. D’altronde, si scrive Sergio Battelli, ma si legge Luigi Di Maio. E la sensazione è che dietro alle divisioni sui referendum si nasconda qualcosa di ben più profondo. Un mal di pancia interno che da tempo sobbolle dentro il M5s. Un’insofferenza alla leadership dell’ex presidente del Consiglio che guarda alla Farnesina.

    

La replica a Battelli, forse non a caso, l’ha scritta su Facebook, nel suo post di commento al fallimentare risultato, direttamente Conte che, a differenza del suo vice, seppur contrario a tutti e cinque i quesiti, ieri a votare è andato. “I quesiti referendari – ha scritto il presidente grillino – nascondevano una vendetta della politica contro la magistratura. Non siamo di fronte alla crisi del referendum e della democrazia diretta, ma siamo di fronte alla crisi di una politica più attenta a tutelare se stessa che a dare bisogni reali delle persone”.

  

Contattato dal Foglio, Sergio Battelli non vuole andare troppo oltre. “Oggi preferisco non aggiungere altro, ma non vuol dire che non parlerò. È una nostra questione interna”, dice. Ma poi aggiunge: “Il M5s ha come vessillo la democrazia diretta mi pare abbastanza ambiguo che uno dei suoi vertici vada a dire certe cose, è contro la nostra storia”. E però anche i quesiti non erano proprio in linea con la tradizione grillina... “I referendum – dice il deputato – prevedevano regole che non ci piacevano, ma sono stati approvati dalla Corte, quindi bisognava andare e votare No, poi vedere come sarebbe andata. Non recarsi alle urne o non ritirare le schede invece non è da M5s, credo che su questo dentro al Movimento sia necessaria una riflessione”.