Cosa manca a Meloni per fare la capa dei conservatori
La leader di Fratelli d'Italia deve essere più endorfinica che dopaminica e trasmettere anche serenità ed equilibrio. Cara Giorgia, attenta al passo falso
La confessione di Giorgia Meloni, capa in ascesa di una destra con troppe memorie e parecchi voti, è di quelle autoincriminanti. Dopamina e adrenalina a strafottere, dice, ma le mancano le endorfine, la serenità, vorrebbe sempre essere altrove. I mediatori chimici o neurormoni pare siano molto importanti, secondo gli esperti. Niente di deterministico, intendiamoci, l’uomo o la donna sono la loro anima insediata nel corpo e in certa misura autonoma. Ma certo dopamina e adrenalina aiutano la formazione di un carattere esagitato, energia cerebrale prona alla fuga o all’attacco, e può incidere invece sull’equilibrio, notevole dote politica, la mancanza di endorfine.
La capa della formazione ex, neo, postmissina ha accettato di buon grado, con intelligenza politica, di essere relegata all’opposizione del grottesco governo del contratto tra Salvini e grillini; ha elaborato tecniche della competizione che sono venute utilissime dopo il suicidio non assistito del Papeete; si è trovata a suo agio nell’opposizione ribadita al governo Bisconte, con una caciara leghista meno credibile della sua per via delle premesse; ha cominciato la salita che la porta a superare la Lega anche in buona parte del nord con il rifiuto della missione nazionale Mattarella-Draghi, ma un rifiuto articolato, perfino a dirla tutta equilibrato, endorfinico, istituzionale, meno volatile della pseudotrasfigurazione del suo competitore insediato al governo, al culmine del quale, dopo la pandemia e le scemenze da lei dette su vaccini e Covid, la guerra all’occidente di Putin e soci la trova su posizioni di solidarietà euroatlantica senza indulgenze salviniane per gli scarti da circo Barnum. Per la serie: chi è il più freak del Reame? Forse qualche endorfina il suo organismo la produce, via.
Però una botta dopaminica o adrenalinica l’ha condotta il sabato del villaggio, elezioni locali italiane, a una trasferta, arte della fuga, in Andalusia, dove ha tenuto un comiziaccio alla Kirill contro l’andazzo prevalente in occidente. Niente di male, più che legittimo, non è che tutti possono sfilare nel gay pride, e Meloni voleva fare un piacere a quelli di Vox e alla sua amica Macarena. C’è modo e modo, però. Si può mettere in discussione il relativismo morale con pacatezza razionale e afflato spirituale, come Ratzinger, o ammiccando ai doveri dell’uomo come il liberale neomazziniano Carlo Calenda, o anche con la verve di uno degli straordinari racconti della silloge Un amico di Kafka, di Isaac B. Singer, appena usciti per Adelphi: “Sì, l’Illuminismo, che i nostri poeti hanno glorificato con frasi altisonanti, ci ha trasformati tutti in libertini e puttane” (pagina 231). Ma buttarla in caciara politica e elettorale sa molto di rosario-portachiavi, cuore immacolato di Maria violato nei comizi di paese eccetera. Non è che la mancanza di endorfine sia destinata a appaiare, a colpi di mediatori chimici estremi, Meloni e il leader di cui vuole sbarazzarsi, rendendolo un subordinato della coalizione di centrodestra, nella corsa al governo?
Coalizione e competizione sono un gioco pericoloso. Certe corse si fanno meglio in solitario, la coalizione viene dopo, escludonsi eventualmente chierichetti del nemico strategico. E Meloni è arrivata al punto di doverci pensare, la proporzionale non dovrebbe più essere un tabù nemmeno per lei. Vuoi costruire un profilo repubblicano a tutto tondo? Vuoi qualificarti su scala nazionale ed europea come una capa dei conservatori? Vuoi essere polacca alla frontiera con l’Ucraina, e un po’ polacca anche nell’uso spregiudicato dello stato di diritto? Vuoi essere Grand Old Party americano dopo Trump? Vedi un po’ tu. Ma servono una classe dirigente minimamente accettabile e un profilo più endorfinico che dopaminico, meno autobiografico, che trasmetta anche, dico anche, serenità ed equilibrio. Meloni pensa con ogni evidenza che le sue fortune dipendono dall’essersi messa fuori da ogni sistema di alleanze politiche e di governo di questa legislatura arruffata, e in parte ha ragione. Rientrare in un sistema alla vigilia del prossimo voto politico, in nome di un centrodestra che esiste e non esiste, potrebbe essere il suo passo falso.