A spada tratta

Il premier è con Di Maio. Draghi pronto a ribadire la stima per un ministro “impeccabile”

Carmelo Caruso

Il ministro degli Esteri potrà essere cacciato dal Movimento, ma la casella della Farnesina viene catalogata come “intoccabile”. Significa che la sola idea che l’incarico dell'ex capo politico dei 5 stelle finisca nella disponibilità dei partiti non è da prendere in esame

Possono  decidere di cacciarlo dal M5s, ma non sono nelle condizioni di rimuoverlo dal governo. Per Mario Draghi quanto sta accadendo all’interno del M5s rientra nella vasta categoria dei “fenomeni politici” ma non può avere ricadute sul ministero degli Esteri. La casella della Farnesina viene catalogata come “intoccabile”. Significa che la sola idea che l’incarico di Luigi Di Maio finisca nella disponibilità dei partiti non è da prendere in esame. A Palazzo Chigi si ripete questa frase: “Di Maio ha giurato nelle mani del presidente della Repubblica”. Si separa insomma il destino personale-politico di Di Maio dalla funzione “essenziale” che Di Maio ricopre, così come dal mandato di ministro che, per il premier, sta “onorando in maniera ineccepibile”. 


Quando oggi, alle 15, Draghi prenderà la parola al Senato, per un intervento che si prevede come articolato, potrebbe, anzi, è quasi certo, esprimere tutto il suo apprezzamento, e la sua gratitudine, per l’attività “in pieno svolgimento” (frase che potrebbe essere rimarcata) del ministro degli Esteri e per i viaggi di Di Maio in giro per il mondo alla ricerca di nuovi approvvigionamenti energetici. Uno su tutti è quello in Algeria che garantisce all’Italia un flusso importante di forniture, un contratto che consente a Roberto Cingolani di non prevedere l’innalzamento dello stato di allerta. Per inciso, Cingolani ha già tutti i poteri che gli permettono di prendere qualsiasi iniziativa senza tuttavia generare il panico su un prossimo razionamento energetico. Mercoledì, a tal proposito, potrebbe tenersi un Cdm per fare il punto su un’emergenza che al momento preoccupa meno della catastrofe siccità che sta colpendo in particolar modo la Lombardia. Al di là dunque del testo della risoluzione sull’Ucraina e delle subordinate che vengono formulate nella risoluzione di maggioranza, proprio mentre si scrive, il travaglio che sta vivendo il M5s è qualcosa su cui il governo riflette. La possibilità, in caso di scissione, che a Di Maio venga chiesto il passo indietro è stata presa in esame e come tale accantonata come una fantasia da non percorrere.
 

Per Draghi, che resta il titolare dell’indirizzo della politica interna ed estera, è impensabile che con una guerra in corso si possa sostituire il ministro, che insieme a Lorenzo Guerini, è il più impegnato nel conflitto. Ecco perché, a prescindere da questa controversia linguistica, da questa risoluzione che in pratica era già stata scritta dal sottosegretario Enzo Amendola, uno che con le subordinate dicono faccia miracoli, e che potrebbe prevedere la dicitura che fa felici tutti (ribadire che il governo continuerà a coinvolgere le Camere nella comunicazione dell’invio delle armi in Ucraina) c’è tanto altro. Resta ovviamente la preoccupazione per il momento che sta vivendo la prima forza di maggioranza relativa e anche il disagio per uno stile, per un’aggressione nei confronti di Di Maio. E’ un’ulteriore prova di quanto un uomo molto ascoltato da Draghi disse a Draghi stesso: “Presidente, la morale dei politici di questo tempo è più bassa di quelli che bruciano la coda dei gatti”. Si entra in una settimana che prevede, come appuntamenti, oltre al Consiglio europeo del 23 giugno, un’ulteriore riunione, sempre a Bruxelles, per discutere di Balcani occidentali. Successivamente, è la volta del G7 a Elmau, mercoledì il vertice Nato. Chiunque possiede una mente serena declasserebbe l’affaire risoluzione come il Sudoku di chi ha tanto tempo da evadere. 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio