Scisso a chi?
Luigi Di Maio ultimo della lista nella parabola M5s. Cronistoria delle micro e macro fratture grilline
Chi l'avrebbe detto che nel 2022 sarebbe stato uno dei pilastri della prima stagione a Cinque Stelle, e anche della seconda, a doversi separare dal corpaccione martoriato del Movimento, accusato di governismo
“Insieme per il futuro”. Non appena si affaccia sugli schermi dei computer il nome della cosa — la scissione di Luigi Di Maio dal M5s — ecco che un’altra immagine sale alla mente: è la fine del febbraio 2013, l’anno dello tsunami tour di Beppe Grillo e loro, i Cinque Stelle, sono stati appena catapultati in Parlamento con percentuali inattese, letteralmente dal nulla. E’ il day after e loro sono lì, assiepati in un hotel in zona san Giovanni, impauriti dal dire troppo e dal dire poco, guardati a vista da ancora improvvisati addetti stampa, che impongono un cautelativo mezzo-mutismo fino a nuovo ordine dalla casamatta casaleggiana. Dichiara solo Alessandro Di Battista o quasi (gli altri sono Luigi Di Maio e Paola Taverna). Non si poteva infatti parlare per sé, allora, nel M5s arrivato dai “vaffa day” alla Camera e al Senato, figuriamoci scindersi. Non si poteva neanche parlare in tv, pena l’espulsione (mitologico nel genere il processo a Marino Mastrangeli, reo di partecipazione a un talk show, per non dire di Adele Gambaro, rea di aver detto a Grillo “il Movimento non è il tuo giocattolo”).
Ma vai a pensare che nel 2022 sarebbe stato lui, Di Maio, divenuto ministro, uno dei pilastri della prima stagione a Cinque Stelle, e anche della seconda (quando, asceso al vertice grillino, veniva criticato dalla fronda per mancanza di “gestione collegiale”), a doversi separare dal corpaccione martoriato del Movimento, accusato di governismo.
E l’altro, Di Battista, da tempo fuori dal M5s ma mai abbastanza lontano da poter essere considerato del tutto ex, ieri non per niente tuonava da Facebook: “Della nuova scissione non mi importa nulla. Ho lasciato il Movimento esclusivamente per questioni politiche quando venne presa la decisione scellerata (e suicida) di entrare nel governo dell’assembramento. Ciò che avviene oggi è soprattutto frutto di quei giorni…”. E vabbè. Se Di Battista lo chiama “ignobile tradimento”, ci furono giorni in cui, nel M5s, ci si divideva contro Virginia Raggi (vedi Roberta Lombardi), anche se non troppo.
E che dire del recente scissionista singolo Dino Giarrusso, eurodeputato grillino delle Sicilie, che un mese fa ha accompagnato il suo addio con accuse di poltronismo e ipocrisia (a chi?) e con la dichiarazione d’intenti “scriverò un libro”? Andando indietro, all’inverno del 2021 e al “no” di alcuni m5s al governo Draghi (con espulsioni a opera del reggente Vito Crimi), si trovano i non allineati di “Alternativa c’è” (tra cui Massimo Baroni, Andrea Colletti, Pino Cabras, Alvise Maniero).
Dopo qualche mese, in dicembre, l’ex ministra per il Sud ed espulsa Barbara Lezzi (con l’altro ex Nicola Morra) minacciava la fondazione di un nuovo partito, annunciando altresì il “no” a Draghi al Quirinale. Nel frattempo Sara Cunial e Davide Barillari si erano allontanati dalla linea pro-green pass (anche se per molti obtorto collo) in nome della “resistenza” anti-vaccino, ma si era allontanato anche Gianluigi Paragone, lungo la via dell’Italexit, ed Emilio Carelli, in nome di un post-grillismo centrista.
Più a sinistra si collocava Lorenzo Fioramonti, ex ministro dell’Istruzione pronto a scommettere su “Eco”, gruppo ambientalista. E ieri il deputato siciliano ex grillino (e passato al Pd) Santi Cappellani, da ex, appunto, così parlava ai compagni di oggi: “…Date le ultime novità mi corre l’obbligo di porre una domanda: con chi ci stiamo alleando? Con gli atlantisti di Di Maio o con chi ha perplessità sulla Nato? Cancelleri, o chi per lui si presenterà alle primarie unitarie in Sicilia, sta con Conte o con Di Maio?”. E insomma. calava la sera e parlava persino il parroco di Di Maio, alquanto deluso per la scissione: “Immagino il dramma interiore di Luigi, gli ho scritto”.