Il ritratto
Da uomo-Meloni a cavallo pazzo: a Verona l'all-in di Sboarina fa tremare la destra
Tutti volevano l’apparentamento con Tosi, il sindaco uscente fa di testa sua (con lo zampino di Zaia) e per FdI ora il ballottaggio è un dilemma nazionale. I retroscena dell’azzardo
Lo prendevano per soldato, il figliol prodigo di ritorno in caserma. Dallo smacco alla Lega al passaggio a FdI: un anno fa Federico Sboarina era l’orgoglio di Meloni. Il sindaco simbolo dell’ascesa del partito. Magari non il candidato perfetto per Verona, ma l’uomo su cui puntare a ogni costo: venisse pure il mal di pancia al Carroccio, se ne andasse con Tosi Forza Italia. Così fu. Poi al ballottaggio, di nuovo insieme. Questo era il copione: “C’è una coalizione da blindare”, l’arringa di Giorgia dopo il primo turno. Calcoli, apparentamenti, spartizioni. Invece puf, in fumo. Tutti facevano i conti senza di lui. Altro che Sboarina il malleabile. O meglio: guardarsi dallo yes man che spezza le catene. “Meloni si fa garante del progetto con Tosi? Meravigliato dalle sue parole”, sibila il primo cittadino. “Accetteremo solo accordi ufficiali”, ribatte il suo predecessore. Tempo scaduto e capolavoro: i due acerrimi rivali finalmente allineati. Sul gran rifiuto.
Così il centrodestra ora rischia lo schianto, con pesanti contraccolpi nazionali. Nonostante un bacino elettorale di nuovo amico sotto l’Arena: “Oltre il 60 per cento dei veronesi conta su di noi”, la pura aritmetica di Sboarina, tra le sue preferenze e quelle degli altri candidati anti-Tommasi. Al netto dei proclami, servirà un’impresa: i tosiani – 24 per cento – assicurano che il loro popolo è spaccato, che molti domenica andranno al mare e altri supporteranno l’ex calciatore. Come Italia viva, ad esempio. Lo stesso Tosi, quando la trattativa era sul tavolo, aveva aperto a votare il sindaco. Ma si sa: fumata nera spinge scheda bianca.
Di tutto questo Sboarina è ben consapevole. Però è un treno senza freni. Ha alzato la posta e ora sente il brivido, imbizzarrito, perché smettere. Questione di orgoglio, anche: tra le condizioni imposte da Tosi per l’apparentamento c’era un assessorato di peso per la moglie Patrizia Bisinella. Storica avversaria del futuro sindaco alle amministrative del 2017, esacerbate da una campagna elettorale senza esclusione di colpi. “Niente patti col diavolo”, fa capire lui oggi. Ma ci voleva ben più dei vecchi rancori, per far saltare il banco. Un’àncora politica. Ed eccola, la settimana scorsa, mentre il resto del centrodestra gli stava col fiato sul collo: “Vai tranquillo Federico, sei sulla strada giusta”. È la telefonata di Luca Zaia. Secondo il Mattino di Padova, il presidente del Veneto l’ha chiamato dalla Grecia, in vacanza. Per spingerlo a correre da solo. Detto fatto.
Da una parte il governatore più amato d’Italia. Dall’altra un sindaco poco apprezzato – 66esimo nella classifica del Sole 24 Ore per il 2021 – prima di tutto nella sua città. “Guardate che ai veronesi non piace”, perfino Ciro Maschio, deputato di FdI, metteva in guardia i suoi. Ma con le critiche Sboarina ha imparato a conviverci. È spigoloso, poco incisivo a parole e rallentato dalla pandemia – questa è la tesi ufficiale – nei fatti che contano in una buona amministrazione. Vivibilità, servizi, infrastrutture. Ha l’appeal di un laureato in legge vecchio stampo, più che di un avvocato del popolo. Lui stesso si definisce “un po’ burbero”. Tipico esemplare scaligero, chiesa e stadio: la proposta di matrimonio gliela fece la moglie dopo una trasferta dell’Hellas. E quella elettorale gliela ribadisce Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, che in questi giorni ha pregato i cittadini di “non votare chi sostiene la teoria gender”. Figurarsi Sboarina, decenni di militanza nella destra locale con vari ammiccamenti extraparlamentari.
Eppure, c’è anche l’asse col moderato Zaia. Parte dalla reciproca antipatia per Tosi, è vero. Ma oggi va oltre. Fa scivolare tutti. La Lega salviniana, in comprovato ko tecnico. E pure Meloni. Che sognava una vittoria personalissima in pieno feudo Carroccio. L’azzardo di Sboarina però cambia tutto – a parole nulla: il centrodestra, al di là degli accordi formali, è unito e mira agli astenuti, fanno sapere dagli ambienti meloniani. Ma alla vigilia del primo turno, Giorgia caricava Federico in pompa magna. Ora invece, salvo sorprese, la rampante leader di FdI non farà nuove tappe a Verona. Endorsement tiepido, ogni mossa un potenziale boomerang. Se il sindaco farà il colpaccio, tanto sarà da attribuirsi a lui. In caso di flop, la coalizione si scaglierà su di lei: come pretendere di governare il paese, senza saper tenere a bada nemmeno i propri candidati? Gira e rigira, l’unico game maker in regione si riconferma Zaia. E Sboarina, alla peggio, politicamente immolato, sì. Ma a modo suo: rompete le righe, venisse pure il mal di pancia. A tutti quanti.