Damiano Tommasi (LaPresse)

L'intervista

L'ultimo sprint di Tommasi: “Il mio civismo supera le logiche dei partiti. Così Verona volta pagina”

Francesco Gottardi

Da outsider a velocista. Così l’ex centrocampista si prepara a sottrarre la città alla destra: “La partita si gioca nei nostri quartieri, non nei salotti romani. Io inesperto? C’è voglia di un nuovo progetto politico”

E cammina, cammina. “Eccoci. Siamo arrivati all’ultima curva”. Damiano Tommasi ne ha fatte di strade. Quasi tutte quelle di Verona. “Le passeggiate nei quartieri mi permettono di dedicare un po’ di tempo alle persone: vorrei che diventassero un’abitudine della prossima amministrazione”. Più facile preparare una partita all’Olimpico o il ballottaggio per l’Arena? “La differenza è che domenica non si gioca. Tocca agli elettori. L’analogia è che il risultato è figlio dell’organizzazione: stiamo facendo di tutto per arrivarci al meglio”. Lo intercettiamo al volo, tra un evento elettorale e l’altro, il candidato sindaco del centrosinistra. “Civico, prego”, ci tiene a sottolineare. “Rete!, la nostra lista, è stata la più votata al primo turno. Messaggio forte: una città va curata, vissuta, parlando per progetti concreti che spesso non hanno colore. Le ideologie preconfezionate distolgono dall’obiettivo”. In due parole: “Rendere i veronesi protagonisti del loro futuro”.

È cresciuto, Tommasi. Si era raccontato al Foglio lo scorso febbraio, quando la corsa verso Palazzo Barbieri era appena iniziata e Rete! ufficialmente non aveva ancora preso forma. Nel mezzo, quattro mesi di campagna elettorale densa e inedita. Quasi indecifrabile per gli avversari, che a lungo l’hanno bollato come oggetto misterioso, fino alla sberla del primo turno. “I cittadini si convincono guardando in là, anziché impuntarsi sul passato. Con le proposte, anziché con le patologie della politica: pensiero oppositivo, logica del meno peggio, catastrofismi”.

 

Non cita mai Sboarina, – “se vince Tommasi succede il finimondo” – ma tant’è. L’entusiasmo di chi ha toccato con mano come cambiare le cose. “C’è tanta voglia di presenza sul territorio”, spiega, specialista a coprire ogni zona del campo anche quand’era calciatore. “Nel nostro programma abbiamo investito molto sulla riqualificazione delle otto circoscrizioni della città. Al primo turno ne abbiamo vinte sei: ora contiamo di riattivare i servizi di prossimità e gli spazi necessari alla comunità per sentire l’amministrazione vicina”.

 

E da qui l’idea, Tommasi spirito di Verona a piedi. “Questi incontri mattutini ci hanno fatto capire l’importanza di una dimensione personalizzata per quartiere. Non tutti hanno le stesse problematiche: alcune zone soffrono il traffico, altre hanno per priorità il tema anziani, altre ancora la convivenza tra esercizi pubblici e residenti. Bisogna intervenire in base alle sfumature, non ragionare come un unico blocco comunale. Per non parlare di chi si fa dettare agenda, candidati e strategie da Roma”.

Sarà anche privo di esperienza, come dice il centrodestra. Ma Tommasi sfodera già le stoccate del falso ingenuo. “Il tema dell’autonomia è sempre molto sentito da queste parti, no? Ecco, noi siamo riusciti a coltivare quell’autonomia di pensiero politico che forse è ancora più importante della materia referendaria”. Ahi, Veneto. “Tutti i partiti nazionali che ci supportano sono stati molto rispettosi delle nostre scelte e premesse civiche”. Niente simboli, etichette, sfilate dei big. Con Letta vi siete sentiti? “Sì, e anche con gli altri leader, ma solo per reciproci ringraziamenti. Senza interferenze sul modo che abbiamo di parlare alla città: le istituzioni centrali hanno bisogno di noi quanto noi di loro. Verona non deve temere di essere ambiziosa. Può diventare capofila regionale e snodo europeo, coinvolgendo le personalità che gravitano qui tra economia e cultura. C’è ampio margine di crescita”.

 

Molto dipenderà dal duello con Sboarina. Si riparte dal 40 a 33 per cento. “Domenica la città può girare pagina”, l’appello di Tommasi. “I cittadini sono di fronte a un bivio e in questo senso il finale di partita è semplice da interpretare: o me o lui. Voglio ascoltare fino in fondo chi vive qui. Perplessità, soddisfazioni, dubbi. Se mi faranno sindaco, sarà attraverso l’azione diretta”. Qualche endorsement di riguardo già c’è stato. “La telefonata di Fabio Capello, dopo il primo turno. Si è esposto oltre ogni aspettativa nei miei confronti: ho apprezzato davvero, perché è l’allenatore che mi conosce di più. Cinque anni di carriera non si dimenticano”. Senza contare il tricolore: Roma ieri Verona domani, chissà. “Ma c’è un altro episodio che in questi giorni mi ha molto colpito”. Dal pallone al caffè. “Durante un giro nei quartieri, una signora ha voluto farmi entrare in casa. E si è messa a raccontare: vive da sola, momento un po’ così. Da quando ha ritirato la tessera elettorale non era mai andata a votare. Me l’ha fatta vedere: aveva un solo timbro, quello del primo turno. Il prossimo lo avrebbe messo il 26”. Carica del porta a porta. “La responsabilità più grande. Mica possiamo fermarci qui”. E avanti, infatti, Tommasi procede. Ora lo conoscono tutti.

 

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