La Di Maio traslochi. Il M5s si trasferisce da Giggino
Bonafede si scava il naso, Azzolina si tormenta e Fraccaro scompare. E potrebbero arrivare anche gli ex responsabili
Alle due del pomeriggio Alfonso Bonafede, detto Fofò, se ne sta a cavalcioni di una poltrona in Transatlantico, alla Camera dei deputati. Accartocciato. La gamba destra sul bracciolo. Le cuffie alle orecchie. Una mano sul cellulare. L’altra accompagna l’indice in un movimento digitorotatorio nella cavità nasale. Arriva Carla Ruocco. La presidente della commissione Banche, quella che urlava al governatore Ignazio Visco: “Ci dica che fine ha fatto l’oro della Banca d’Italia”, è appena passata con Luigi Di Maio. Insomma ora è una moderata per Draghi. Vestito a fiori, zeppone ai piedi, fascia rossa da bolero sudamericano alla vita. Sembra Aurora Miranda nei “Tre caballeros”. Vede Fofò. Si ferma. “Alfonso, ma tu che fai?”. Non si riferisce al dito nel naso, ma a Giggino e Giuseppe, alla scissione. E Fofò, che è arrabbiatissimo con Conte: “Vediamo”, dice. L’eterno possibilismo della vita. Poi si salutano (e lei giustamente non gli dà la mano). Poco più in là, tra i divanetti in pelle, ecco Giulia Grillo, che è stata ministro della Sanità. E’ coperta dai capelli e dalla mascherina. Pare in incognito. Sei tu, Giulia? “Sì, sono io”. Ma passi con Di Maio? “Eh, non escludo niente”. E sono due. Ma Fraccaro dov’è? Non lo sa nessuno. Non si trova, l’altro ex ministro. L’ultima volta è stato visto con Salvini in un androne vicino al Parlamento. Mesi fa. Tentava di fregare Conte facendo eleggere Giulio Tremonti al Quirinale. E adesso? E adesso s’è infrattato. In tanti aspettano, prima vogliono vedere i numeri di Di Maio. “Sono già più di sessanta, con Luigi. Domani saranno sessantacinque. Entro dieci giorni arrivano a settanta. Se non a cento”, dice Riccardo Tucci, che è un deputato ortodosso, nel senso che sta con Giuseppe Conte. Così non ha tutti torti Giorgia Meloni, che osserva la scena e dice: “Questa non è una scissione, è un trasloco”. Ieri, alla Camera, con la risoluzione per l’invio di armi in Ucraina, scissionisti e lealisti hanno votato insieme. Di nuovo. Tutti la stessa cosa. “Si separano per restare dove sono”.
Ciascun partito, dopo tutto, ha la scissione che si merita. Può essere gloriosa e a volte persino disinteressata, può essere profetica, rispettabile, all’altezza del dramma geopolitico. Ma quest’ultima dei Cinque stelle sembra piuttosto una scissione all’acqua pazza. Si spostano, anzi si scindono, per stare sostanzialmente dov’erano prima. E però, dicono di essere tormentati. Ma da cosa esattamente? Boh. Anche Riccardo Fraccaro e Davide Crippa, altri due pezzi grossi, ci mescolano i sentimenti. Pare. E intanto però, mentre fanno sapere di essere tentati dalla scissione, si assicurano che la voce arrivi pure (e presto) a Giuseppe Conte e a Rocco Casalino. Non si sa mai che quelli gli diano qualcosa prima. Anche un pennacchietto va bene. D’altra parte Conte deve nominare a breve i coordinatori provinciali del M5s. Chi offre di più? “Sono straziata”, si lamenta Lucia Azzolina, la ex ministro della Pubblica istruzione. E così dicendo, spinge questa sua indecisione, questo suo affettato pencolare, fino a chiedere consiglio a chiunque. Letteralmente a chiunque. Specialmente ai giornalisti radiofonici, televisivi e di agenzia che pascolano intorno ai Palazzi della politica e che ovviamente poi chiacchierano e scrivono: “Ma voi che fareste?”. Ah, i tormentati. Che gran categoria questa. Nella notte, fra il cuore e il cervello, alla fine vince sempre lo stomaco. E osservandoli si scopre infatti che pure le lacrime seguono la corrente. Bisogna farsi rieleggere, o avere garanzia di un posto da qualche parte, sia pure nel più miserabile parastato della provincia italiana. Giggino o Giuseppe? Così, nel dubbio, due deputati marito e moglie, Giovanni Currò e Maria Pallini, hanno escogitato un sistema geniale. In pratica lei sta con Di Maio e lui con Conte. Non si sa mai. La famiglia è salva in ogni caso. Un po’ come quando alla roulette punti sia sul rosso sia sul nero. “Solo che può anche uscire lo zero”, dice Andrea Ruggieri, deputato di Forza Italia. Nella nuova casa di Di Maio, che si chiama Insieme per il futuro (acronimo in stile Apple: iPif), stanno per affacciarsi pure Bruno Tabacci e Ricardo Merlo (non è parente). Sono i “responsabili” che quasi due anni fa volevano tenere in piedi il governo di Conte. “Faremo tutto ciò che va fatto”, diceva Tabacci. Un trasloco, appunto.