pragmatismo
Più efficienza, meno populismo. Bernabè e l'alternativa al modello Emiliano
Il presidente di Acciaierie d'Italia: "Dobbiamo tornare alla cultura dell'acciaio, serve liquidità". Le forze politiche applaudono, ma ora a Taranto servono 300 milioni per riaccendere l'altoforno cinque
Taranto. Franco Bernabè è l’uomo che ha messo d’accordo la Puglia, tutta intera, più del suo bizzarro governatore. Ma se Michele Emiliano utilizza poltrone e populismo per tenere tutti insieme, da Vendola a Casapound, il Presidente di Acciaierie d’Italia audito ieri in Consiglio Regionale ha invece parlato la lingua del pragmatismo. “Dobbiamo tornare alla cultura dell’acciaio – ha detto Bernabè – se abbandoniamo la fabbrica inneschiamo una bomba ecologica. Finora sono stati spesi 700 milioni solo per il piano ambientale completo al 90 per cento, ora serve liquidità per il piano industriale e occupazionale”. Una verità conosciuta da tempo, ma che Bernabè, scelto da Mario Draghi per guidare la fabbrica più importante ma anche più complicata del paese, ha messo giù in modo chiaro ammaliando persino Fratelli d’Italia che non ha lesinato un comunicato di ringraziamento ed elogio. Di egual respiro i complimenti di Pd e Forza Italia. Mentre Bernabè non ha mancato di sottolineare il ruolo dello stato per aver tenuto dentro ArcelorMittal.
Con tutti i suoi consiglieri, di maggioranza e opposizione, compatti nei complimenti al presidente di Acciaierie d’Italia, adesso neppure Emiliano potrà più dire che la Puglia chiede di chiudere la fabbrica. E forse, chiusa la campagna elettorale vinta accanto a Giuseppe Conte urlando “chiudiamo l’area a caldo”, anche il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci (Pd) abbandonerà la narrazione macabra e i toni violenti per la speranza gentile e veritiera mostrata da Bernabè. Trovato il manager per gestire i rapporti e l’immagine dell’azienda, resta alla politica decidere il da farsi. Che è molto più concreto delle parole espresse mercoledì durante il tavolo Ilva convocato al Mise da Orlando e Giorgetti in cui, in assenza del ministro Cingolani, la politica, pur mossa da buone intenzioni, ha scelto ancora una volta di prendere tempo. Servono trecento milioni per riaccendere l’altoforno cinque necessario per rimettere l’azienda in attivo, il resto lasciatelo fare a Bernabè.