Riformare i trattati europei a settembre: l'idea di Letta, Macron e Gentiloni
Cronaca parallela dei due vertici di Bruxelles: quello dei socialisti, col segretario del Pd e Scholz, e quella di Renew, guidata dal presidente francese. Dialoghi e pettegolezzi. E l'idea, comune, di un vertice per avviare la modifica su Confederazione e unanimità in Consiglio. A Roma o a Parigi?
L’idea è ancora nulla più di questo: una suggestione buttata lì tra una chiacchierata e l’altra. E però, essendo le chiacchierate in questione di un certo livello, allora forse l’idea di una grande conferenza per la revisione dei trattati europei, da svolgersi a Roma o a Parigi tra settembre e ottobre, è qualcosa in più di un’idea. Ne hanno parlato, due giorni fa, Enrico Letta e Olaf Scholz. E ne ha fatto cenno, nelle stesse ore, anche Emmanuel Macron. E lo hanno fatto, in realtà, come spinti dal corso degli eventi.
Al vertice dei leader socialisti, svoltosi giovedì a Bruxelles, in un centro congressi in Rue d’Arlon, a un certo punto la ministra degli Esteri slovena, Tanja Fajon, e insieme a lei il vicepremier romeno Sorin Grindeanu, nel giorno in cui si celebrava l’ingresso dell’Ucraina e della Moldavia nella famiglia europea facevano notare lo stallo decennale in cui invece s’è risolta la pratica dei paesi balcanici. E a loro, inaspettatamente, s’è unita Sanna Marin, la premier finlandese che, facendo un parallelo con l’adesione dello stato scandinavo nella Nato, spiegava che sì, “è davvero frustrante restare sospesi per via del veto di pochi, o di uno solo”. Ed è stato lì che Letta ha lasciato cadere la proposta: “Per superare l’anacronismo dell’unanimità in seno al Consiglio, così come per definire il progetto della Confederazione, ci sarebbe bisogno di una una conferenza”.
E a lanciarla, questa “convenzione”, dovrebbero però essere i tre paesi principali dell’Unione. Scholz, che ascoltava senza sbilanciarsi, a quel punto s’è sentito tirato in ballo. Ma ha lasciato intendere che la questione è delicata, e va discussa anche con gli amici francesi. Su un punto, in ogni caso, Scholz e Letta si sono ritrovati concordi: che l’Europa deve fare un nuovo salto in avanti e farlo subito, possibilmente in questo autunno che si annuncia tribolato, sul fronte sociale.
Sulla necessità della sollecitudine conveniva, ma inconsapevolmente, anche Macron. Che nel frattempo, ma un chilometro più in là, presiedeva il vertice di Renew, coi leader centristi tutti al suo cospetto. Risate e battute, nella hall del Palazzo delle Belle Arti. A un certo punto, Matteo Renzi gli ha ammiccato: “Visto che ora dovrai anche tu governare senza una maggioranza parlamentare, noi italiani siamo a disposizione per una consulenza”. Poi però Macron s’è fatto serio. E ai suoi colleghi ha spiegato che di riforme l’Europa ne ha bisogno: perché è ben bizzarro che l’area euro non abbia un organo di rappresentanza politica, e perché anche la compresenza di un presidente della Commissione e uno del Consiglio è un’ambiguità che, nel tempo, andrà superata. Al che qualcuno ha sorriso: “In effetti, quando a 49 anni fai per la seconda volta il presidente della Francia, poi cosa t’inventi per non annoiarti?”.
Macron non s’è affatto sbilanciato sul suo futuro: ha però spiegato che la spinta riformatrice, Parigi vorrà continuare a esercitarla anche quando, tra qualche giorno, cederà alla Repubblica ceca la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue. E alle tante sollecitazioni lanciate nell’ultimo semestre, dalla Difesa comune alla Confederazione, occorrerà dare concretezza con un’azione di revisione dei trattati. “Revisione puntuale”, la vorrebbe lui: centrata, cioè, sui singoli aspetti che esigono un aggiornamento, così da non impantanarsi più del necessario. E serve, certo, lanciare una conferenza, al proposito, e farlo presto. E se Letta pensa a Roma, perché è lì che vennero firmati i Trattati del 1957 che videro nascere la Cee, Macron non può che pensare alla sua Parigi. E ci sta.