dopo la vittoria di tommasi
Tosi: “A Verona suicidio di FdI. Col proporzionale meglio un grande centro di una grande destra”
Il grande escluso del primo turno da tempo preannunciava il fallimento di Sboarina. Oggi si prende la sua rivincita: “Disastro meloniano, Lega in crisi. Forza Italia perno di ogni alleanza: non sarebbe ammissibile un estremista a Palazzo Chigi”
La sensazione è che se la rida un po’ sotto i baffi. “L’avevo detto io. A Verona Federico Sboarina e Fratelli d’Italia hanno messo in atto il suicidio perfetto: si poteva solo vincere, ora la città è guidata da un sindaco sostenuto dal centrosinistra e privo di esperienza amministrativa”. Nel day after scaligero, Flavio Tosi è l’osservatore privilegiato. Il grande escluso del primo turno, già due volte in carica a Palazzo Barbieri. Profeta in patria – “La Lega mi segua, o perderà anche qui”, ci diceva in tempi non sospetti – e nuovo volto di Forza Italia. “Qualche rammarico? Certo: se fosse passata la linea del Carroccio locale, a sostegno del sottoscritto, a quest’ora avremmo avuto un ballottaggio diverso. E un risultato diverso”.
Invece Tommasi triumphans e destra a pezzi. “La responsabilità politica è di Giorgia Meloni”, attacca Tosi via Foglio. “Al tavolo nazionale ha voluto imporre Sboarina a tutti i costi: se sono rimaste per aria anche Parma, Catanzaro e altre città è perché lei non ha accettato l’assenza di una coalizione unita a Verona. Ma un sindaco uscente che si ferma al 32 per cento al primo turno è il candidato sbagliato”. Senza contare il mancato apparentamento. “Io ho giocato di squadra: tutti sanno che non ci sono buoni rapporti fra me e Sboarina, che mi costava tendergli la mano. Visto che il primo cittadino sarebbe stato lui”. Ma niente, non ne ha voluto sapere. Forse per contorta lungimiranza, e garantirsi un’uscita di scena onorevole. “Ma va là”, taglia corto il rivale. “Sboarina pensava davvero di poter vincere da solo. Atto di superbia”. E Tosi domenica, che ha fatto in cabina elettorale? “Il mio dovere: nessun sostegno a Tommasi. Però il voto è segreto”.
Fatto sta che a furia di litigare, i due navigati amministratori hanno perso di vista l’ex calciatore. Il nuovo che avanza. “Bravo Damiano a ridare entusiasmo ai giovani”, gli riconosce Tosi. “Un bel traguardo: c’è bisogno che le nuove generazioni si affezionino alla politica. Ma l’assenza di competenze è un limite gigantesco: eppure, al ballottaggio contro un esordiente, l’ex sindaco ha perso. Che gli serva da lezione”. E l’invettiva riparte. “Anziché puntare sui programmi, magari più solidi rispetto alla proposta sperimentale dell’avversario, Sboarina l’ha buttata in caciara: estrema destra, gender, scontro ideologico. Cose che francamente nemmeno c'entrano col dibattito civico. Eppure Tommasi mica ha vinto 60-40: se si considerano i soli seimila voti di scarto e i nostri 24mila al primo turno, ecco spiegato il patatrac. L’arroganza è un peccato capitale. Forza Italia invece ha ribadito di essere un’area di governo pragmatica e affidabile: anche in Veneto quelli che cascano in piedi siamo noi”.
Tosi ne ha anche per Luca Zaia, altro storico antagonista. “Il Carroccio qui ha perso moltissimo consenso, e da vecchio militante mi dispiace. Anche perché più di un anno fa Salvini aveva iniziato a dialogare con me, ascoltando la base leghista a Verona. Poi però c’è stata la forte interposizione del presidente e dei suoi uomini”. Insieme all’epurato, mai. “Così Salvini, tra il forcing di Meloni e quello di Zaia, ha ceduto”. Accettando Sboarina. Eppure il governatore ne esce ‘pulito’: tutti in regione puntano il dito contro il segretario. “Il dibattito interno sarà sempre il sale della Lega. Queste elezioni segnano il sorpasso di FdI, però la figuraccia nella città più importante del Veneto tronca le ambizioni. C’è un altro dato: la somma dei consensi del civismo batte di gran lunga quella dei partiti. Per questo mi ha telefonato Berlusconi”. Tosi il forzista, novità dell’estate. “Stiamo lavorando insieme da oltre due anni”, spiega il leader di Fare! “Il mio ingresso in Forza Italia è il coronamento naturale di tutto ciò”. Retroscena? “Il Cav. mi ha convinto subito: loro sanno di essere il perno delle alleanze nel centrodestra, ma devono allargare la base del consenso. Lo strumento migliore è aprire a quelle liste civiche che hanno impatto territoriale e ne condividono gli stessi valori moderati. Come la nostra a Verona”.
E a proposito di valori, di quanto detto finora. Cosa c’azzeccano Tosi e i suoi con l’universo sovranista? Non è che il progetto per un grande centro – alle amministrative già c’è stato l’appoggio di Italia viva – attizzi più di una destra tenuta insieme per i capelli? “Tutto dipende dalla legge elettorale”, dice lui. Ma poi aggiunge: “Se si rimane nel maggioritario, l’anno prossimo verrà fuori il quadro di alleanze prefigurato. In caso di svolta proporzionale può succedere di tutto”. O quasi. “L’unica certezza è che il futuro premier sarà Mario Draghi o una figura alla Draghi. Non sarebbe ammissibile un estremista a Palazzo Chigi”. Adieu Giorgia e Matteo. “A me interessa lavorare sul territorio. Però la Francia insegna: Le Pen può avere tutti i voti che vuole, ma non governerà mai. Grazie a Dio anche l’Italia ha fatto una scelta comunitaria. Dal Pnrr alla guerra, fino al quantitative easing: senza Europa oggi saremmo rovinati. Senza Draghi pure. Questa è la forza del centrismo: le aree populiste e di destra spinta non esprimono niente di tutto ciò”. Figurarsi Sboarina a Verona. “C’è bisogno di ribadirlo?”.