Italiani o no?
Ius scholae, Mauri (Pd): "Non è una battaglia ideologica ma di civiltà"
La proposta di legge sulla cittadinanza italiana per chi frequenta un ciclo scolastico di cinque anni arriva alla Camera, tra l'ostruzionismo di Lega e FdI. "Non sarà un documento automatico ma andrà richiesto dalle famiglie. Emarginare un ragazzo italiano solo per ideologia è un’ingiustizia”, ci dice il deputato dem
Mercoledì 29 giugno la Camera dei deputati discuterà la proposta di legge sulla cittadinanza che mira a introdurre lo “ius scholae”. Il testo, presentato dal deputato cinque stelle Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, prevede che un minore possa ottenere su richiesta la cittadinanza se ha risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia e ha frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli scolastici presso istituti del sistema nazionale di istruzione. La proposta di legge arriva alla Camera con l’appoggio di diverse forze politiche, ma la sua approvazione sarà tutt’altro che facile, dice il deputato del Partito Democratico Matteo Mauri al Foglio, perché “per alcuni continua a essere una partita ideologica. Lega e Fratelli d’Italia, che hanno presentato 700 emendamenti in commissione, stanno facendo una battaglia contro un diritto che dovrebbe essere garantito. Non si tratta di ideologia ma di civiltà, la nostra è una battaglia di civiltà e non lo diciamo come slogan, ci crediamo davvero. Pensiamo che questa legge possa aiutare tanti bambini e di conseguenza sia un vantaggio anche per la collettività. Emarginare un ragazzo italiano solo per ideologia è un’ingiustizia”.
Le obiezioni dei partiti di destra si basano anche sul fatto che non basti una scolarizzazione di soli cinque anni per ottenere la cittadinanza. Per Mauri questo è un falso problema: “Sono assolutamente convinto che un percorso di cinque anni sia sufficiente. Il range che abbiamo scelto si riferisce solo alla scuola, ma ci sono tutti gli altri anni che i bambini passano all’interno di comunità italiane. Un bambino di dodici anni che ha vissuto gran parte della sua infanzia in Italia può essere considerato pienamente integrato perché è cresciuto all’interno di una comunità italiana. Per far passare la legge abbiamo dovuto vincolare la cittadinanza a qualcosa di formale, ma il percorso inizia molto prima e soprattutto non scade alla fine dei cinque anni”.
Matteo Salvini protesta dicendo che la cittadinanza è una cosa importante che va decisa quando si diventa maggiorenni, come la patente. Perché solo a 18 anni "decidi consapevolmente se il paese che ti accoglie sarà il tuo paese", sostiene il leader della Lega. Per Mauri invece: “Un ragazzino di dieci anni spesso è più maturo di tanti adulti, anche di tanti adulti che fanno politica. E soprattutto la cittadinanza non scatterà automaticamente alla conclusione del ciclo di studi, ma dovrà essere richiesta dal bambino e dai genitori. Ci dovrà essere un percorso consapevole da parte delle famiglie dei minori per l’ottenimento della cittadinanza, sono sicuro che molti genitori faranno scelte diverse e non la vorranno. Ma questo non significa che non debba essere garantito questo diritto. La nostra è una battaglia sui diritti e sull’allargamento di questi ultimi. Con questa legge creiamo delle opportunità in più per dei bambini che devono, se vogliono, essere italiani”.