Il caos nel centrodestra in Lombardia raggiunge anche il Gay Pride
Il Consiglio regionale lombardo prima dà il patrocinio alla manifestazione, poi fa dietrofront e la nega. "Evidentemente la linea politica della Regione rimane inalterata e si conferma insensibile nei confronti di una manifestazione di libertà", ha detto Fabio Pellegatta, presidente di Arcigay Milano
Tra ballottaggi deludenti come quelli di Monza e Como e fughe in avanti in vista delle regionali del 2023, il centrodestra lombardo si divide persino sul Gay Pride. La giunta regionale ha negato il patrocinio alla manifestazione arcobaleno che si terrà sabato 2 giugno a Milano, con una lunga sfilata che dalla Stazione Centrale terminerà sotto l’Arco della Pace, nei pressi del Parco Sempione. Peccato che quest’anno, a differenza di quanto avvenuto in passato, il centrodestra lombardo sia stato costretto a effettuare uno sbrigativo dietrofront.
Il 14 giugno, infatti, con grande sorpresa degli addetti ai lavori, il Consiglio regionale aveva approvato a maggioranza una mozione presentata dal consigliere M5s Simone Verni, nella quale si chiedeva alla Regione di partecipare con un suo rappresentante istituzionale alla parata di sabato, oltre a illuminare Palazzo Pirelli (sede del Consiglio regionale lombado, nda) dei colori arcobaleno. Un’iniziativa simbolica, a sostegno dei diritti Lgbt. La proposta dell’esponente pentastellato aveva passato il vaglio dell’aula grazie al voto segreto di una decina di ‘franchi tiratori’, che dai banchi della maggioranza hanno garantito i voti necessari alla sua approvazione. Nel clima rovente delle amministrative, tra i corridoi del Pirellone era aleggiato per giorni un dubbio: chi ha voluto fare uno sgambetto alla giunta, approvando le iniziative a favore del Pride meneghino?
Che si sia trattato di un dispetto, di una piccola ripicca in fin dei conti ininfluente ai fini della tenuta della maggioranza, ci sono pochi dubbi. Il “sì” al Gay Pride è stato un segnale, una piccola scossa di quelle che spesso, nella liturgia dei lavori d’aula, si tende a provocare per attirare l’attenzione di chi siede sugli scranni più alti di Palazzo Lombardia. I bene informati assicurano però che l’operazione era animata, almeno in parte, da buona fede: “come ovvio, tra gli esponenti di maggioranza - ci racconta una fonte interna - le sensibilità su questi temi sono diverse”. Sta di fatto che due settimane dopo la giunta lombarda è costretta a fare retromarcia, negando il patrocinio.
“Niente di nuovo rispetto al passato - ha dichiarato ieri Fabio Pellegatta, presidente di Arcigay Milano -.Evidentemente la linea politica della Regione rimane inalterata e si conferma insensibile nei confronti di una manifestazione di libertà”. A rincarare la dose è stato lo stesso consigliere Verni (M5s), per il quale “la giunta a trazione lega ha riportato l’ordine vigente nel medioevo. La demagogia e l’intolleranza di questa classe politica non ha limiti: non mi stupisce la storica amicizia della destra italiana con Putin”. A tirare un sospiro di sollievo per il passo indietro di Regione è stato invece il consigliere regionale Massimiliano Bastoni (Lega): “Mi pare coerente e corretto - ha dichiarato - verso il nostro elettorato che la giunta regionale abbia negato il patrocinio al Gay Pride. Ora mi attendo un atto di responsabilità verso i contribuenti lombardi, i quali sarebbero costretti a partecipare alle spese dell’illuminazione del Pirellone”.
A rigor di logica, infatti, nonostante il “niet” della giunta per il patrocinio, resta valido quanto previsto dalla mozione approvata dal Consiglio regionale: ovvero l’impegno a garantire una presenza istituzionale alla manifestazione di sabato, illuminando Palazzo Pirelli con i colori del Pride. In attesa di capire se per la prima volta dopo mezzo secolo la facciata del grattacielo più famoso di Milano si tingerà d’arcobaleno, resta agli atti che in Lombardia - prima ancora di decidere chi sarà il candidato alla presidenza della Regione - le varie anime del centrodestra devono mettersi d’accordo persino sul Gay Pride.