piatti rotti
Lite M5s-Di Maio per il tesoro delle restituzioni. "Soldi mai usati, li rivogliamo"
Gli scissionisti di "Insieme per il futuro" ora vogliono indietro i soldi bloccati. E intanto Conte pensa di aumentare i finanziamenti al Movimento a scapito dei versamenti per la collettività
E come in tutti i divorzi che si rispettino, spunta la lite per i soldi. A battere cassa sono i parlamentari fuoriusciti con Luigi Di Maio dal M5s per formare il gruppo “Insieme per il futuro”. Quelli di Ipf sono pronti a chiedere indietro – con tanto di carte bollate – i bonifici versati con le restituzioni negli ultimi anni. Circa 1.500 euro mensili a parlamentare che, secondo le logiche grilline, devono essere utilizzati per finanziare progetti rivolti ai cittadini. Attualmente il M5s, attraverso un gioco di conti, dispone di un tesoretto di 5 milioni di euro, non ancora utilizzato. Una somma transitata attraverso il comitato restituzioni che potrebbe essere servito però a gestire l’attività del partito: dalla sede alle spese dello staff, fino al contratto di consulenza di Grillo.
Dai bilanci pubblicati dal M5s si scopre che per l’anno 2019 davanti a 7.852.358 incassati con le restituzioni dei parlamentari sono stati utilizzati per tali finalità solamente 2.010.000. Risultato: un avanzo di gestione di oltre 5.842.358 confluito in patrimonio del comitato. I parlamentari vicini a Di Maio dicono che questa cifra risulta ancora nella disponibilità degli organizzatori del comitato che però dal 2019 a oggi non hanno fornito una rendicontazione per capire come sarà devoluta la somma. E qui si entra nei meandri del codice civile. Perché gli scissionisti sono intenzionati ad andare fino in fondo. Tipo remake di un “Giorno in pretura”, processo agli scontrini. Perché? Secondo i legali di Ipf – che si sono già dotati di un tesoriere, Gianluca Vacca, e di uno stuolo di avvocati molto agguerriti – l’articolo 40 del codice civile prevede “espressamente che gli organizzatori del comitato sono responsabili personalmente e solidalmente che i fondi raccolti siano destinati allo scopo annunziato”.
Del comitato restituzioni farebbero parte con potere di firma il capo politico, Giuseppe Conte, e i due attuali capigruppo di Camera e Senato, Davide Crippa e Mariolina Castellone. Ma il conto non funziona più perché ha smesso di raccogliere le restituzioni degli eletti M5s che invece convergono direttamente nelle casse dell’associazione. Da qui la richiesta di riavere indietro i fondi che sono fermi e che non sono ancora stati devoluti per finanziare la “ggggente” in difficoltà. Avendo il Comitato cessato di raccogliere le oblazioni derivanti dalle restituzione nel gennaio 2021 e non essendo ad oggi stato comunicato dagli organizzatori il reale utilizzo delle somme rimaste in pancia, e di ogni altro eventuale avanzo di gestione del comitato, dalle parti di “Insieme per il futuro” si richiede la restituzione di un importo pari alle somme versate dallo scrivente nel 2019, per non essere state le menzionate somme utilizzate conformemente allo scopo annunciato.
Dunque il finanziamento di attività legate al sociale. Ovviamente a reclamare i bonifici sono solo i parlamentari dimaiani in regola con i pagamenti al M5s nel periodo preso in considerazione. Altrimenti non potrebbero vantare alcun diritto. Il Foglio ha contattato anche i vertici del M5s e ha ottenuto queste risposte: “I versamenti sono vincolati quindi inutilizzabili per scopi diversi dalla restituzione alla collettività. Lo scorso novembre inoltre abbiamo votato per destinare 3 milioni di euro, e quelli sono stati bonificati. Così come gli ultimi 90 mila euro per trasferimento agli orfani ucraini”. Mancano però gli ultimi bilanci. Sia quello del Comitato restituzioni sia quello del M5s. La guerra per il tesoretto è appena iniziata.
Ed è il seguito di un’altra. Con la formazione di un nuovo gruppo parlamentare Luigi Di Maio ha svuotato, e di parecchio, le casse del suo ex partito. Solo alla Camera i cinquanta deputati di Ipf hanno diritto a un finanziamento per le attività del gruppo parlamentare a Montecitorio di circa 2,5 milioni fino alla fine della legislatura per spese di staff e propaganda. Fondi che in qualche modo non saranno più nelle disponibilità dei grillini, alle prese ora con un rapporto tra eletti e personale di circa uno a uno. Effetti collaterali della scissione, così ben studiata da Di Maio da colpire il M5s sotto tutti i punti di vista. A partire da quello economico. Adesso, come ben sa il tesoriere del partito Claudio Cominardi, le casse sono sotto stress. Al punto che Conte vorrebbe cambiare anche gli importi che i grillini versano sotto la voce restituzioni. Aumentando cioè la parte da girare al partito (1.500 euro invece che 1.000) e diminuendo quella legata ai progetti per i cittadini (da 1.500 a 1.000 euro). C’era una volta l’epica del “ci tagliamo lo stipendio”, poi a forza di cacciare i morosi e scovare furboni si è finiti alla guerra legale per il tesoretto non ancora utilizzato. Scene da un divorzio, appunto.