il contatto
Draghi chiama Conte. Si vedranno lunedì, alla vigilia di una settimana bollente per il governo
Il premier telefona al capo del M5s e lo invita a Palazzo Chigi, nelle ore in cui si inizierà a votare sul dl Aiuti. Una parte del M5s spinge per lo strappo dal governo
Ha fiducia in Draghi? Mostrerà i messaggi dove il premier dice di volerla cacciare, che il suo staff dice di possedere? Il governo andrà avanti? A tutte queste domande, Giuseppe Conte quest'oggi ha risposto “ne parleremo lunedì”. E insomma ci si aspettava un venerdì risolutivo, in un senso o nell’altro, ma alla fine tra il premier e il capo del M5s c’è stata solo una brevissima conversazione telefonica. Solo il tempo di darsi appuntamento a lunedì pomeriggio. Una giornata tutt’altro che casuale.
Eppure la giornata era cominciata con altre aspettative: era stato lo stesso Conte, in tv, a dire: “Oggi vedrò Draghi”. Tempo qualche minuto e da Palazzo Chigi si affrettavano a smentire. Solo un colloquio telefonico, in cui Conte ha manifestato il suo “disagio politico”. E ha chiesto a Draghi di dimostrare l’importanza del M5s nel governo: "Dovrà essere conseguente". Del resto, tutto era cominciato al telefono, sull’asse Roma-Madrid. Linea bollente. Mercoledì, a margine del vertice della Nato, il premier aveva cercato il suo predecessore. Aveva letto le ricostruzioni sui giornali, le presunte richieste di defenestrazione giunte a Beppe Grillo. Si è detto: “Basta, adesso gli faccio uno squillo”. E però l’altro non aveva risposto, rimbalzandolo. E richiamando solo dopo un paio d’ore. Alla fine della giornata il messaggio era: “Abbiamo iniziato a chiarirci”. Cosa n’è venuto fuori di nuovo oggi? Che alla vigilia del viaggio ad Ankara, a Palazzo Chigi si tenterà un chiarimento più approfondito. E la data non è passata inosservata. Perché lunedì arriverà in Aula alla Camera il dl Aiuti. E cioè quel provvedimento – su cui il governo ha minacciato di mettere la fiducia –, che in teoria sarebbe esplosivo per la tenuta della maggioranza. Visto che comprende un contenimento del Superbonus, l’ok al termovalorizzatore di Roma. E, notizia delle scorse ore, un restringimento delle maglie del Reddito di cittadinanza, passato via emendamento di Pd e centrodestra. Che stanno ancor di più esacerbando gli animi tra i Cinque stelle.
Al momento Conte ottempera alle promesse di responsabilità rivolte al Quirinale, ma quasi tutto il gruppo dei senatori e almeno tre dei suoi vice agognano una specie di Papeete in salsa grillina. Di certo, non hanno tranquillizzato le acque le parole di ieri di Beppe Grillo. Che sul suo blog è tornato a scagliarsi contro il ministro degli Esteri Di Maio e tutta la pattuglia degli scissionisti. Una criptica fenomenologia del tradimento in cui si osserva che “questo nostro tempo è forse il tempo in cui tradire non lascia traccia nell’animo del traditore, che con ogni probabilità non si sente neanche tale. Talvolta può persino tendere a sentirsi un eroe”.
Quasi in secondo piano la questione dell’invio delle armi all’Ucraina, l’altra grande incognita è se Conte lunedì produrrà le famose prove che gli ha chiesto Draghi. Oggi su questo ha glissato. Ma di certo il presidente grillino non ha gradito granché l’uscita del premier in conferenza stampa. Tutta quella sicumera ostentata. E allora ha preferito tuffarsi su altro: legge elettorale, precarietà, riscatto della laurea, pensione per i giovani. Ha incontrato Enrico Letta sia a un evento della Cgil sia ieri sera a Cortona. E il lavoro del segretario del Pd in queste ore viene visto come un gioco di sponda rispetto alle uscite del premier. Quel “se i Cinque stelle scelgono l’appoggio esterno, il governo cade e alle elezioni ci andiamo da soli” pronunciato giovedì, doveva servire proprio a cingere Conte con un cordone di avvertimenti. E lo stesso più o meno ha ribadito ieri, quando ha lanciato un appello affinché il centrosinistra si dimostri “unito e serio”. Staccare la spina al governo andrebbe in tutt’altra direzione.
Alle quattro e mezzo del pomeriggio, per pochi minuti, Draghi e Conte si sono accordati almeno su un punto: prendersi un weekend per pensarci su, parlarsi, evitare strappi irreparabili. Il governo cadrà? Andrete d’accordo? La risposta leitmotiv la sapete: “Ne parleremo lunedì”.