dopo lo sciopero
Draghi lasciato da solo sui taxi. Ahi
Il disegno di legge del governo non contiene alcuna reale minaccia per la categoria, che punta a mantenere lo status quo a discapito degli utenti. Eppure la società civile è restata in silenzio mentre i grandi giornali faticano a prendere posizione, limitandosi alla cronaca senza riconoscere il problema
Nella vita ci sono tre certezze: la morte, le tasse e lo sciopero dei taxi contro il ddl concorrenza. L’atteggiamento di chiusura con cui le maggiori organizzazioni dei tassisti si pongono nei confronti di qualunque, pur timido, tentativo di riforma dice molto sulla credibilità di molta parte della nostra politica. Il disegno di legge varato dal governo non contiene alcuna reale minaccia per i tassisti: semplicemente, delega l’esecutivo a rivedere una disciplina che risale al 1992, quando non esistevano gli smartphone, nessuno immaginava l'economia delle piattaforme e i telefonini avevano le dimensioni di una scatola da scarpe. Nel tentativo di disinnescare la protesta, la viceministra Teresa Bellanova ha fatto ampie concessioni, lasciando intendere che non c’è alcun intento rivoluzionario. La scelta dei conducenti di autopubbliche di confermare l’agitazione riflette, d’altronde, l’esperienza passata: finora nessuno è riuscito a scalfire il fortino. Non Pier Luigi Bersani, non Mario Monti, non Matteo Renzi.
In fondo – sembrano ragionare i tassisti – se facendo la voce grossa l’abbiamo sempre avuta vinta, perché mai questa volta dovrebbe andare diversamente? E’ una domanda legittima. Infatti, l’esecutivo ha già i suoi problemi con le frizioni interne alla maggioranza, che oggi proprio i tassisti cercano di volgere a proprio vantaggio. Ma soprattutto il governo è stato lasciato solo. Colpisce l’assenza della cosiddetta società civile. Lo sforzo di Bersani e Monti, e quello meno convinto di Renzi, furono accompagnati da una forte spinta dell'opinione pubblica, o almeno di una parte di essa. Oggi questo sostegno non c’è. I grandi giornali danno conto della cronaca ma evitano di prendere posizione, di riconoscere che in campo ci sono due visioni del mondo – il cambiamento e lo status quo – di fronte alle quali non si può restare indifferenti. Tutto si riduce alla contabilità delle milestones del Pnrr, come meri adempimenti burocratici.
Sarà pur vero che quella dei taxi è una riforma simbolica e che non dipende certo da essa il futuro del paese: ma se non riusciamo a portare a casa neppure le iniziative simboliche come possiamo pensare di riscrivere il futuro del paese? “Questo - ha detto ieri Furio Truzzi, presidente di Assoutenti - non è uno sciopero contro il governo, questo è uno sciopero colpito contro i cittadini e contro gli utenti. I tassisti non hanno la nostra solidarietà perché danneggiano in modo grave chi deve muoversi in città. Non possiamo essere solidali con chi va contro un miglioramento della qualità dei servizi”. Come dire: possibile dargli torto?