Palazzo Chigi

Draghi non vuole rompere con il M5s. Ecco il piano B in caso di crisi

Il dl Aiuti è stato approvato con il voto dei grillini

Carmelo Caruso

L'agenda di governo si incrocia con quella del M5s. Salari, Superbonus e arriva la revoca della concessione autostradale al Gruppo Toto (battaglia grillina). Il ruolo della Lega e il bisogno di non provocarla

Sono due come i suoi due governi. Mario Draghi adesso li conosce entrambi. Esiste il “Conte I”, il leader che quando parla con il premier mostra “lo stesso senso di responsabilità di Enrico Letta”, ed esiste il “Conte II”, quello che  pratica “il distinguo”. Draghi, che apprezza il primo, non vuole credere al “Papeete di Conte”. Le agende del governo e del M5s si incrociano. Sul Superbonus il governo è intervenuto già  15 volte per “conservare” la misura. Se Conte decidesse ugualmente di uscire  l’esperienza potrebbe proseguire ma si dovrebbe verificare un’ulteriore fuga dal M5s verso   Di Maio. Al momento il dl Aiuti è stato approvato. Il M5s ha votato “sì”. Ieri, in Cdm è stata revocata la concessione dell’Autostrada dei Parchi al Gruppo Toto. Era una priorità infrastrutturale per il premier.


E’ uno e due. Per Palazzo Chigi è più responsabile (almeno da come si è presentato) di come lo fa sembrare una comunicazione infuriata e malconcia e di come lo vogliono alcune “frange di vaffa” pronte a sostituirlo con Alessandro Di Battista. A un giorno di distanza dall’incontro Draghi-Conte, e dopo il dato politico, anche questo con “distinguo”, vale a dire il voto di fiducia al dl Aiuti, al governo si sono stupiti, ma hanno quasi compreso, il “travaglio” di Giuseppe Conte.

 

Innanzitutto uno che dice che è “con un piede fuori dal governo”, come sta ripetendo e per necessità in queste ore, non prepara un documento di “policy” come quello che ha presentato Conte a Draghi. Le richieste avanzate dal leader del M5s sono di fatto punti di un’agenda che è anche l’agenda di Draghi. La prossima settimana saranno convocati i sindacati per affrontare la questione dei salari. Quando Conte dichiara ai giornalisti che non sono sufficienti bonus da duecento euro ma ulteriori misure dice qualcosa di cui è consapevole anche Draghi.

 

Mantenendo i conti in ordine, il governo cercherà di capire, nelle prossime settimane, se è possibile destinare ulteriori risorse. Il Conte di scena, e si ripete, è lontano da quell’ex premier che avrebbe perfino confidato a Draghi la difficoltà politica di “tenere insieme un movimento sconvolto al suo interno dalla scissione di Luigi Di Maio”. Questo passaggio  è rispettato e riguarda la vita di un partito importante che il premier non vuole in nessun modo perdere.

 

Ecco perché al governo sono rimasti sorpresi quando Conte, subito dopo le dichiarazioni pubbliche, chiare, e di sostegno, ha iniziato a “curvarle”. Quanto dice Conte, ovvero che il governo potrebbe anche sopravvivere senza i voti del M5s, è una verità. Immaginare Draghi che per stizza lascia le sue responsabilità è inverosimile ma è anche inverosimile che permetta il “logoramento”. E’ il logoramento il “non accettabile” per Draghi.

 

Per restare ancora al governo deve verificarsi questo scenario: il distacco di un altro pezzo di M5s e la compattezza di Lega e Pd. Tutte queste analisi nascono da conversazioni che si fanno a Palazzo. La Lega dopo questi tormenti è il primo partito di maggioranza e potrebbe diventare, in caso di “cigno nero”, il perno. Interrogati sul comportamento di Salvini, uomini vicini al premier, dicono che il “caso Salvini è diverso rispetto a Conte. Salvini resta il leader di un partito solido”. Avendo già vissuto l’esperienza del Papeete, si crede che Salvini non sia tanto sciocco da perdere tutto quello che gli è rimasto: attende gli eventi ma non ha intenzione di uscire. Ha bisogno tuttavia di non essere provocato con temi che non fanno parte del “programma di governo”.

 

E per Draghi, come ha sempre dichiarato, le leggi sulla cannabis e lo ius scholae non lo sono in quanto iniziative parlamentari. Giancarlo Giorgetti, che ieri ha partecipato alla riunione con i deputati della Lega (era alla destra del segretario) ha difeso Salvini e precisato che su temi come la cannabis e ius scholae “non c’entra nulla il governo e noi della Lega siamo fermamente e legittimamente contrari”. E’ un messaggio al Pd che si è sempre definito il “partito della stabilità”. Dare un argomento alla Lega non serve neppure al Pd. L’elisir di governo è questo: nessuno di questi partiti sta insieme  perché si piace ma lontani starebbero peggio che vicini.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio