Foto di LaPresse 

Addio rosatellum?

La strada del proporzionale. L'asse Lega-Pd per la nuova legge elettorale

Antonia Ferri

Il dem Parrini e il leghista Calderoli lavorano alla proposta per superare l'attuale sistema: un proporzionale con premio di maggioranza. Intanto Letta avverte Conte: "Se i Cinque Stelle dovessero uscire, ci porremo il problema di un Draghi bis"

Gli scontri in Parlamento tra Lega e Pd, dalla liberalizzazione della cannabis e allo ius scholae, non si giocano in materia di legge elettorale. È proporzionale. O almeno così dovrebbe essere. Ma sono evidenti le intenzioni di superare l’attuale legge Rosato.

L’asse aperto tra Dario Parrini – presidente dem alla commissione Affari costituzionali del Senato – e Roberto Calderoli – vicepresidente leghista del Senato – lo dimostra, tanto che la bozza sarebbe già pronta. E anche i più affezionati a un sistema maggioritario potrebbero dover cambiare idea.

Il nuovo proporzionale darebbe la possibilità a ogni partito di mantenere - o ritrovare - la sua identità. Inoltre, si libererebbe lo spazio della politica dal sistema delle coalizioni, rovinose a destra e a sinistra. Nei rapporti sbriciolati tra Meloni e Salvini il proporzionale eviterebbe l’obbligo di un nucleo compatto e quindi di trovare una quadra sui nomi. Mentre tra democratici e pentastellati le anime radicalmente diverse all’interno dei due partiti non sarebbero costrette a cercare di andare d’accordo, o addirittura, di sostenersi.

È però, quello prospettato dall'asse Lega-Pd un proporzionale con premio. Premietto – forse, da garantire a chi arriverà a un 45 per cento di gradimento. Perché attenzione alla costituzionalità. Calderoli, bandiera verde della squadra di legge, non dimentica il Porcellum, a suo tempo ritenuto incostituzionale dalla Consulta. La legge prevedeva un premio troppo alto che avrebbe rischiato di creare uno squilibrio troppo accentuato tra le forze in Parlamento.

Si ribalta quindi il vecchio Rosatellum, sistema misto: costituito da un terzo di collegi assegnati alla coalizione di maggioranza e i restanti due terzi distribuiti in senso proporzionale.

Parrini aveva in cantiere questa riforma dal 2019: “La mia personale opinione è che la correzione in senso proporzionale della legge elettorale attuale, attraverso la semplice eliminazione dal sistema della componente uninominale, sia conseguenza inevitabile di quell’accordo (Pd-M5s, ndr)”, aveva detto in un’intervista al Foglio. Ma, condizione indispensabile restava una soglia di sbarramento più elevata del 3 per cento, come prevede il sistema oggi in vigore.

Dello stesso parere anche il presidente della regione Emilia-Romagna, il democratico Stefano Bonaccini, che in un’intervista a Repubblica ribadisce: “Quel che è certo è che questa legge elettorale è pessima e che va cambiata subito: se il proporzionale con sbarramento è una soluzione più condivisa allora si vada avanti per quella strada". 

L’importanza di una soglia di sbarramento più alta dell'attuale è quella di garantire rappresentatività ai partiti minori. Ma prima ancora di questo, non è chiaro come verranno scelti gli eletti della nuova legge. C’è ancora lavoro da fare. E per farlo l’esecutivo dovrà resistere fino alla scadenza naturale di questa legislatura. 

 

Il Conte che minaccia di rompere con Draghi e la scissione all’interno del suo stesso partito stanno facendo pian piano sfumare quell’alleanza rossogialla mai davvero concretizzata. Tanto che ieri  Enrico Letta, ha dichiarato: “Se i Cinque Stelle dovessero uscire, ci porremo il problema di un Draghi bis”. Avvertimento, o apertura, le parole inedite del segretario Dem sono condivise.

Anche Bonaccini, nome di spicco tra gli amministratori Pd, dà infatti segni di insofferenza per il ritrovato populismo dei grillini e scongiura un’alleanza con chi fa traballare il campo largo, opera di Draghi e Mattarella. La stessa posizione espressa dal ministro Franceschini negli scorsi giorni, ma anche dalla capogruppo in Senato, Simona Malpezzi.

È quindi un nuovo proporzionale che potrebbe sanare malumori e tormenti delle forze di governo, nella fattispecie quelli lettiani, ma anche di quelli all’opposizione, vedasi Giorgia Meloni. E chissà a permettere ai partiti di ritrovare quell'identità, troppe volte sacrificata in nome di alleanze tutte elettorali.