Alla prove della crisi
Meloni attacca: "Al voto, al voto". Ma Salvini tentenna
Dalla festa dei patrioti Giorgia Meloni avverte gli alleati: "Adesso niente scherzi, si torni al voto". Ma Forza Italia e Lega mercoledì potrebbero accodarsi al Pd per chiedere a Draghi di rimanere. La crisi precipita sul centrodestra
E così il palco della provinciale Palombara Sabina diventa all’improvviso centralissimo. E’ il predellino di Giorgia Meloni verso le urne. Le dimissioni di Mario Draghi rompono la calma della festa dei patrioti. La “Capa” prende il microfono e va dritta al punto. Ce l’ha con gli alleati di FI e Lega che dopo mezz’ora dall’annuncio del premier ancora tacciono. “Adesso – dice con tono perentorio – niente scherzi, la legislatura è terminata, bisogna votare, spero questa sia la priorità degli altri partiti della coalizione”. La crisi precipita sulle contraddizioni del centrodestra. Ma Meloni ci ha visto giusto, il governo potrebbero tenerlo in piedi proprio i suoi alleati. Lega di Salvini in testa. La quasi certezza giunge quando il Quirinale dirama una nota: il presidente Mattarella ha respinto le dimissioni di Draghi. E un ruolo centrale, in questa mossa del Colle, potrebbero averlo giocato proprio le garanzie offerte dalla Lega. Già in mattinata, Salvini, tentatissimo due giorni fa dallo strappo, trascinato da Zaia e Giorgetti, e dalla necessità di mantenere una posizione compatta con Forza Italia, aveva moderato i toni, aggiustato le dichiarazioni: il voto non si può escludere, ma se ci sono le condizioni si può andare avanti per il bene del paese. Ambiguità solo in apparenza. E quando, dopo un’ora dall’annuncio del premier, Salvini gira alle chat con giornali e agenzie la posizione del partito si capisce subito che il Carroccio è ancora nel guado. Si legge: “La Lega è stata leale, costruttiva e generosa per un anno e mezzo, ma da settimane il presidente Draghi e l’Italia erano vittime dei troppi No del M5s e delle forzature ideologiche del Pd. La Lega condivide la preoccupazione per le sorti del Paese: è impensabile che l’Italia debba subire settimane di paralisi in un momento drammatico come questo”. Poi la chiosa finale: “Nessuno deve aver paura di restituire la parola agli italiani”. Ma sembra più un punticino, una bandierina da tenere lì, le urne possono aspettare. Le dimissioni di Draghi non sono irrevocabili. Lui tornerà mercoledì a riferire alle camere. E con Pd, Italia viva e +Europa a cercare di convincerlo potrebbe esserci anche la Lega. Sicuramente il ministro forzista Renato Brunetta si è accodato all’appello: “Le forze politiche che hanno a cuore il bene del Paese devono sentire la responsabilità di chiedergli di continuare”. Il segretario della Lega ha il boccino del futuro del governo nelle sue mani. Potrebbe far precipitare tutto. Ma perché fare un favore così grande a Fratelli d’Italia che oggi surclasserebbe nelle urne il Carroccio? Già nel pomeriggio il ministro alla Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti aveva parlato di “tempi supplementari” per il governo. E se c’è la Lega, va quasi da sé, che c’è anche Fi. Non solo i ministri, ma anche tutta la compagine parlamentare che per tutta la mattina ha fatto appelli a Draghi: rimani! E anche il senatore Maurizio Gasparri, non proprio un governista, lo ammetteva: “Noi ci muoviamo con responsabilità, ma anche con la Lega, se loro sono disponibili, ci siamo anche noi, quel che dobbiamo evitare sono maggioranze Ursula e altre soluzioni che hanno solo lo scopo di spaccare il centrodestra, non possiamo permettercelo, perché qualsiasi cosa accada al massimo tra 9 mesi si andrà a votare”.