Il caso

"Ritornate a bordo". Conte ormai è in panne e Letta diventa il tutor del M5s

Simone Canettieri

Il segretario del Pd chiama uno a uno ministri e big del M5s per portarli da Draghi "tutti o in parte". Il capo dei grillini in balie di zuffe e fotomontaggi. Ma anche i dem sono divisi: Franceschini spinge per un governo senza pentastellati

“Lavoro per riportare a bordo tutto il M5s o una parte. Quella di mercoledì sarà l’ultima spiaggia”. Enrico Letta si mette la tuta da sub per immergersi negli abissi grillini. Il segretario del Pd ha passato la giornata di venerdì a contattare “uno a uno” tutti i big tormentati del M5s: i tre ministri e i cinque sottosegretari che non vogliono dimettersi, scavalcando Giuseppe Conte, in modalità vaso di coccio. Il tentativo di Letta,   nel Pd  trova però anche un’altra idea: quella di Dario Franceschini, che ai parlamentari di Area Dem spalanca l’ipotesi di un esecutivo senza M5s, ma probabilmente anche senza Mario Draghi. Scenario che Letta non prende in considerazione se è vero che per lunedì ha convocato una riunione operativa per mettere in moto la macchina che gestirà la campagna elettorale. Una mossa per spaventare i grillini? Il partito di Conte è tarantolato: si azzuffano, si sfottono con i fotomontaggi, non si fidano l’uno dell’altro. (Canettieri segue nell’inserto XVI) L’ex premier dice di aver “ricevuto troppi schiaffi e provocazioni da Draghi”. E dunque mette in conto che la frattura non si ricomponga. Non esclude il voto anticipato, a volte lo accarezza, in modalità   Mélenchon, come da sogno dell’amico esiliato Goffredo Bettini. Di sicuro senza il Pd, come gli recapita pubblicamente Enrico Borghi, luogotenente lettiano. Il Nazareno è ancora appeso alle turbe grilline. Al primo piano del palazzo di via di Campo Marzio 46 accadono cose incredibili. Il Consiglio nazionale del M5s, organismo chiamato a non decidere mai, si trasforma di prima mattina in un ring di wrestling. Basta che Conte metta sul tavolo l’ipotesi di ritirare la delegazione dal governo prima di mercoledì che subito scoppia il pandemonio. L’ideuzza viene appoggiata da Paola Taverna e Riccardo Ricciardi, ma anche da un gruppo di fedelissimi che sperano di essere pochi il prossimo giro da essere tutti ricandidati. “Non ti seguiamo, Giuseppe” dicono a ripetizione, con toni e gestualità diverse, Davide Crippa, capogruppo alla Camera, Alfonso Bonafede, l’uomo che scovò Conte all’università di Firenze, e anche i ministri, dunque i diretti interessati, si ribellano. Alza la voce uno come Federico D’Incà, tipo placido ma in queste ore pressatissimo da tutto il mondo imprenditoriale del Veneto, la sua terra, che lo mette in allerta rispetto ai rischi dell’instabilità. “Dobbiamo pensare al bene del paese e dell’Europa”, ripete il ministro per i Rapporti con il Parlamento. Anche Fabiana Dadone sembra frenare. Più sfumata la posizione di Stefano Patuanelli. Urla. Tensioni.   Mai come questa volta il M5s è spaccato, senza linea, va a tentoni nel caos interno. Pare che anche il silente Beppe Grillo sia abbastanza “contrariato da questo teatrino” messo in piedi dalle sue creature. Ma tace. Davide Crippa, capogruppo dai modi risoluti, convoca l’assemblea dei deputati per oggi. Per far salire la pressione contro l’ala che vuole strappare, che addirittura parla di un voto on line per chiedere agli iscritti se rimanere o meno nel governo Draghi. Conte viene descritto come nervoso e basculante. Le dichiarazioni di Matteo Renzi, altro arcinemico, lo hanno mandato su di giri. Il leader di Italia viva ha fatto notare un cosa abbastanza ovvia: c’è un partito che non ha votato la fiducia al governo, ma che rimane al governo forse perché è attaccato alle poltrone? Riccardo Fraccaro fa parte di quell’ala di deputati che non vuole la fine del governo. E così pubblica sul suo status di WhatsApp un fotomontaggio di Conte al Papeete  senza maglietta con il  mojito: in poche parole ha messo la testa dell’ex premier sul corpo di Matteo Salvini. Seguirà fantozziana smentita: “C’è stato un errore”. E però in questo clima di gioiosa autodistruzione interna, Conte prova a prova a non affondare. “Stasera c’è il Consiglio nazionale e vi diremo la ligna”, riferisce ai videomaker esausti e cotti dal sole, Paola Taverna. Sempre più centrale in questo momento. Trapelano intanto voci impazzite sul passaggio di una ventina di deputati grillini con Luigi Di Maio.  La notizia non viene confermata dall’ex ministro degli Esteri che in questa fase evoca il voto anticipato per spaventare i suoi ex amici (“dinamica che non farebbe la gioia nemmeno degli eletti passati con Luigi”, dicono dall’universo contiano).  Conte è convinto che Draghi mercoledì al Senato parlerà, ascolterà gli interventi, non permetterà alcun voto e salirà al Colle per chiudere il film. Mettere ordine fra le varie linee politiche che si affastellano nel M5s è impresa abbastanza complicata. Ecco perché Letta lavora per “riportare a bordo i grillini o solo una parte di loro”.  In serata si riunisce l’ennesimo Consiglio nazionale, a porte chiuse e nervi tesi.
   

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.