I quattro punti di Draghi (che scontentano tutti) per mandare avanti il governo
Nel suo intervento al Senato il premier ha sfiduciato il Parlamento e si è rivolto direttamente al paese. Oramai ha un suo partito: sindaci, associazioni, società civile. Per le forze politiche sarà difficile dirgli di no (ma anche di sì)
Resto per gli appelli degli italiani. Non serve una fiducia di facciata. Siete pronti a ricostruire questo patto? Alle 9,42 Mario Draghi ha giurato. Non è un errore. Si è presentato in Senato pronunciando non un discorso di dimissioni ma un programma di governo. Quattro punti che hanno scontentato tutti. Vuole fare la riforma della concorrenza, tassisti, balneari : “Basta”. Vuole modificare il Rdc che è misura giusta. Vuole fare i rigassificatori a Piombino perché “è una misura di sicurezza nazionale”, vuole lavorare sulla riforma delle pensioni. Quando lo ha detto il senatore Paragone, l’ingabbiato exit, ha riso. Draghi se avessi potuto lo avrebbe preso a calci.
Quando diceva ai partiti “siete pronti a ricostruire il patto di fiducia?” la Lega si è guardata. Ha dato una sberla a Salvini che sogna ancora di andare Mosca (“non ci faremo sedurre dai modelli autoritari”). Ha parlato come non gli capitava. Toni arrabbiati, alzava la voce. Parlava di Pnrr da finire mentre i parlamentari pensavano solo a come liberarsene. Di fatto ha sfiduciato il Parlamento e si è rivolto direttamente al paese: ma voi lo rappresentate come vi chiedono? Lui il suo partito lo ha: sindaci, associazioni. Adesso sono tutti in riflessione, le solite vagonate di riflessioni. Salvini appena finito ha detto: “ascolto”. Dirgli di no sarà difficile ma dirgli di si, per i partiti, lo è ancora di più.