Alchimie da trovare
Calenda, Renzi, Di Maio e Sala: il (quasi) impossibile centro in nome di Draghi
Tutti vogliono intestarsi l'agenda dell'ex premier. Ma è davvero possibile federare chi vuole salvare sua l'eredità? Perimetri e condizioni
Un’agenda repubblicana: il leader di Azione Carlo Calenda la pubblica oggi, per sottoporla all’attenzione di tutte le forze politiche democratiche ed europeiste. La condizione per allargare il fronte, dice al Foglio, è la sottoscrizione della stessa. Cosa che può dare qualche certezza (per esempio che il Pd non pensi a far rientrare dalla finestra l’intesa con il M5s?). E Matteo Renzi? Dice al Foglio il leader di Italia Viva: “Dobbiamo mettere da parte le divisioni e costruire un fronte repubblicano, mettendo insieme una lista unica dei questo fronte. Se il Pd non farà una lista unica, siamo disponibili a ragionare anche con Calenda. Non esiste un tema di leadership, ma un’esigenza: federare chi si riconosce nell’agenda Draghi e offrire una casa ai moderati che non si riconoscono nei vecchi partiti. Se questo non riuscirà, andremo alle elezioni da soli”.
Poi ci sono i sindaci. In questi giorni il sindaco di Milano Beppe Sala non parla, ma il suo pensiero, dice chi lo conosce, fermo restando che la “formula” ancora non è nota, corrisponde all’esigenza di aggregare le forze che hanno a cuore l’agenda Draghi. Un’esigenza concreta, reale, che esiste nel paese. E c’è il ministro Mariastella Gelmini. uscita da Forza Italia. Calenda, intervistato dall’Huffington Post, la aspetta. Lei riflette, e intanto individua quello che non dovrebbe essere il fronte repubblicano: “No accozzaglie, no geometrie variabili e no calcoli”, dice al Foglio. “Sì al coraggio di portare avanti metodo e agenda Draghi”. Parola d’ordine: “Riforme, riforme, riforme e no bonus”. E Luigi Di Maio? Il ministro degli Esteri, dopo l’addio al M5s e la creazione di Insieme per il Futuro, viene considerato parte di questo centro in costruzione. Tanto più che, in una video-intervista al Corriere della Sera, rilasciata nel giorno dello scioglimento delle Camere, ha detto non soltanto che “l’Italia ha ancora bisogno di Mario Draghi”, ma che lui, Di Maio, non può stare “con coloro che con il sovranismo, il populismo e l’opportunismo hanno buttato giù il governo. Voglio stare con chi crede nella stabilità, nella responsabilità e nelle riforme”. Ci sono gli estremi per firmare l’agenda repubblicana?
Intanto, ci sono anche i centristi più vicini al centrodestra. Per esempio il governatore ligure Giovanni Toti, che con la sua Italia al centro è stato più volte considerato in allontanamento dalla destra, anche se sul piano locale è alleato della medesima. E Toti ha speso parole a favore dell’agenda Draghi: “La nostra guida”, ha detto, riferendosi all’attuazione del Pnrr. “Dialogheremo con chi ci sta”, ha detto Toti, che è atteso ora al bivio: spostarsi del tutto o no? Quanto al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, e alla sua Coraggio Italia, al momento la volontà espressa, dice Brugnaro, è quella di “restare nell’area di centrodestra come partito civico e moderato, se ci saranno le condizioni, con il nostro cuore e le nostre ragioni, legate al mondo del lavoro e dello sviluppo economico”. Se ci saranno le condizioni: ipotetico pensiero che lascia aperto uno spazio per ulteriori, future decisioni. C’è poi chi, diversamente da Calenda, dice “no a terze vie” in nome della stessa agenda Draghi, ma in senso allargato: l’ex sottosegretario Bruno Tabacci, leader del Centro democratico, intervistato da Avvenire, ieri manifestava la sua preoccupazione: “C’è spazio per una coalizione che faccia riferimento all’agenda e allo stile di governo di Draghi. E d’altronde il voto in Senato conferma che ci sono due schieramenti diversi. Basta seguire quella traccia e la campagna elettorale può diventare utile almeno a chiarire agli elettori le opzioni in campo: da una parte gli autori del draghicidio, dall’altra chi vuole assicurare continuità alla politica economica, europeista e atlantista di questo anno e mezzo. Penso a Enrico Letta, a Luigi Di Maio e a chiunque non voglia regalare il paese a una destra che finirebbe per isolarci”.
Di simile avviso Piercamillo Falasca, coordinatore di L’Italia C’é: “Trovo lunare questo gioco di posizionamento che prescinde dal guardare in faccia la realtà. Abbiamo assistito a un harakiri del Parlamento. Da lì bisogna partire, da una presa d’atto matura: ora bisogna mettere insieme tutte le forze politiche che si identificano con l’agenda Draghi, punto. Il Pd avrà sbagliato, e ora lo riconosce, punto. Andiamo avanti. Senza individualismi o antiche antipatie. Si guardi a quello che si è fatto, con ottimi risultati, sui territori: penso al caso di Damiano Tommasi a Verona. Io intendo questo per fronte repubblicano”. Non è quello che intende Calenda. Ma da oggi si vedrà la capacità di aggregazione dell’agenda repubblicana.