Abaco destra
L'algebra di Salvini e Cav. per fermare Meloni. Lei non ci sta: "O regole chiare o per la mia strada"
Lega e Forza Italia "vogliono sommare le volontà" per la premiership. Ogni partito di centrodestra cerca piccole alleanze per superare l'alleato. Mediaset reclutata da FI. I volti nuovi del Carroccio
Siamo sicuri che il centrodestra vuole vincere le elezioni? Cominciamo dall’algebra secondo Salvini e Berlusconi. Per evitare che Giorgia Meloni possa fare il premier le stanno proponendo questo metodo: “Chi prende più voti è il primo partito ma per scegliere il premier bisogna sommare le volontà dei partiti”. Si incontreranno mercoledì tutti e tre, ma Meloni ha già detto al Cav.: “Ti ho portato rispetto quando ero al due per cento, ma ora tu devi rispettare me che sono sopra il 20. Ti chiedo un’alleanza chiara, un percorso solido anche dopo il voto, altrimenti ognuno per la sua strada”. E’ il centrodestra che per paradosso può sconfiggere il centrodestra.
Il Salvini che twitta “Il prossimo premier lo sceglieranno gli italiani: chi prenderà un voto in più avrà l’onore e l’onere di indicare il nome” lo scrive in realtà perché pensa di prendere più voti della Meloni con qualche alleanza. Dice infatti ai suoi che sta cercando l’Udc di Cesa che però è il grande amico di Antonio Tajani. Alleati? La verità è che Salvini e Berlusconi non temono di perdere, ma temono che a vincere sia Giorgia Meloni che per il Cav. “è sicuramente cresciuta rispetto a quando era mio ministro, ma sempre il mio ministro rimane”. Venerdì mattina, Berlusconi e Meloni, si sono incontrati a pranzo e a prescindere dall’incontro definito “cortese, cordiale”, la leader di Fdi ha rivendicato: “Chi prende un voto in più è premier. Si è fatto sempre così. Le regole non possono cambiare”.
Nota Francesco Lollobrigida, capogruppo FdI alla Camera: “Mi sembra chiaro come si scelga il premier o vogliamo forse proporre il sorteggio?”. Per cercare di compattarsi, Lega e Fi stanno allargando il gioco anche alle elezioni regionali. Uno spiega all’altro, Lega a FdI: “Ma è ovvio che nel Lazio sarebbe il caso che si presentasse Lollobrigida. Vincerebbe”. E lo fanno perché vogliono dividere la Meloni anche tra le sue mura di casa. In Sicilia FI e Lega propongono a Meloni: “Per noi il tuo Raffaele Stancanelli va benissimo”. Solo per raccontare come funziona. Ancora venerdì mattina, Gianfranco Miccichè, che è l’uomo del Cav. nell’isola (che non sopporta il governatore di FdI uscente, Nello Musumeci) era pronto a indicare il candidato della Meloni che, se permettete, dice Meloni “vorrei scegliere io…”. E continua. La Lega che in Sicilia vuole, a sua volta, spaccare sia FI che FdI, propone lo spariglio: “E se candidiamo Stefania Prestigiacomo?”. Stessa cosa in Lombardia. Salvini vuole riconfermare Attilio Fontana, ma Meloni dice che Letizia Moratti è una grande personalità. FI per dividere la Lega sussurra “è chiaro che se si candidasse Giorgetti non c’è partita…”.
Insomma: si vogliono mettere insieme ma cercano tutti di stare in proprio. FI ha sondaggi che la vedono all’11 per cento. Nella comunicazione Berlusconi resta il più bravo. Con quattro interviste ben piazzate si è preso la scena. A Fedele Confalonieri hanno fatto sapere che l’endorsement alla Meloni, sul Corriere, non è che “ci aiuta, caro Fedele” e che se le trasmissioni di informazioni di Mediaset si riaprono già a metà agosto non sarebbe male. Dentro FI vengono definiti consigli a Mediaset: “Datevi da fare e cercate di invitare meno Salvini e Meloni”. Spiegava un senatore leghista, pochi giorni fa, che “la sola cosa buona di questa campagna elettorale è che costerà pochissimo”. E’ balneare. Berlusconi, che è stato il primo a inventarsi il comizio sulla nave, immagina nuove modalità per fare “comizio e villeggiatura”. Salvini che, con Calderoli, studia invece qualche trucco tattico per ingabbiare Meloni, spinge sulla pace fiscale. Cerca consigli e dunque anche noi ne porgiamo uno: se come dice Salvini lui è un uomo di governo deve cominciare a dire al suo staff che chi non risponde ai giornalisti è un cafone. Chi non risponde a un giornale critico dichiara di non aver argomenti, di non accettare la sfida delle idee. I suoi uomini sono meglio di chi li fa parlare. E lui stesso ha dimostrato, da solo, senza portalettighe, che gli piace la sfida delle idee. E’ stato al Foglio che Salvini ha dato la notizia: “Io la risoluzione Casini non la voto”.
Ha sicuramente ragione quando ripete che i governatori della Lega fanno quello che dice lui ma una campagna elettorale dove parla solo lui difficilmente la può vincere. Cosa è preferibile? Che si dica che Zaia o Fedriga sono infuriati (e lo sono) per la decisione di abbandonare Draghi o farli parlare? Ecco che si torna alla domanda dell’inizio: ma sul serio vogliono vincere? E poi ci sono i sospetti. In Liguria, la Lega è preoccupata per un certo avvicinarsi fra Giovanni Toti e Giorgia Meloni. E’ lei, Meloni, l’unica che ha il problema di rispondere: “La sua richiesta di candidatura è presa in carico”. La cercano tutti. Salvini ne avrà un altro. E’ il problema del genere. Il suo è un partito che deve continuare a candidare donne. Potrebbe candidare, al Senato, la scrittrice che più cita nei suoi comizi. E’ Maria Giovanna Maglie. Gli è amica, sa tenere alta la polemica, e Salvini ne avrà bisogno. Per coprire il welfare può invece scegliere una figura come il segretario dell’Ugl. Tra i sindaci da valorizzare c’è quello simbolo di Codogno, Francesco Passerini. Al sud, il vicesindaco di Lampedusa, Attilio Lucia. Può lanciare Luca Coletto, assessore regionale dell’Umbria alla Sanità, come anti Speranza, e per quanto riguarda lo sport, Luigi Mastrangelo, ex capitano della nazionale volley. Un senatore simpatico di FI l’ha spiegata bene: “Anche noi, a destra, non ci stiamo capendo niente. Non è detto che vinciamo. Il pareggio mi sembra la soluzione migliore”.