Il caso

Carfagna verso l'addio a Forza Italia, che intanto frena l'opzione Meloni premier

Ruggiero Montenegro

"Ha senso proseguire la battaglia interna?", si chiede la ministra per il Sud. Domani vertice del centrodestra a Montecitorio, con la leader di FdI che avverte: "Senza accordo sul premier inutile andare al governo insieme". Ma il Cav. e Tajani: "Il tema non appassiona"

Non è ancora un annuncio ufficiale, ma poco ci manca. Solo questione di tempo: "Tirerò le somme a breve", dice Mara Carfagna, che prepara il terreno per l'addio a Forza Italia. Gli strascichi della crisi di governo, la virata verso la destra sovranista del partito del Cav. l'hanno ormai convinta che la sua sfida è un'altra, su un altro fronte. Lo stesso ragionamento che ha guidato l'uscita degli altri due ministri forzisti, Mariastella Gelmini e  Renato Brunetta, volti storici del berlusconismo che oggi perde i pezzi.

"La riflessione che sto facendo parte da due dati di fatto", ha spiegato questa mattina la ministra per il Sud in un'intervista a Repubblica: "Gli applausi di Putin alla crisi e le centinaia di messaggi di sindaci e imprenditori che da giorni mi dicono 'ma siete impazziti?'". Forse lo sono davvero, o almeno questa sembra la risposta che Carfagna si è data, prima di porsi un'altra questione, ancora più decisiva: "Ha un senso proseguire una battaglia interna? O bisogna prendere atto di una scelta di irresponsabilità e instabilità, fatta isolando chi era contrario, e decidere cosa fare di conseguenza?".

 

Nel frattempo, dopo i pezzi da novanta, ieri hanno lasciato il Cav. anche le deputate Anna Lisa Baroni e Giusy Versace, "non si riconoscono più" nel partito. Prima ancora erano arrivate le dimissioni dei senatori Andrea Cangini e Roberto Caon. Segnali che la nuova linea, targata Ronzulli, non è stata proprio ben digerita all'interno del partito.

Fuori dal partito, intanto, le tensioni si fanno malumori di coalizione. I tre leader dovrebbero vedersi nelle prossime ore, ma intanto si parlano a colpi di interviste, mandandosi ultimatum. Non proprio le premesse ideali per un'alleanza che si appresta, sondaggi alla mano, a vincere le prossime elezioni.

Il tema di queste ore continua a essere la premiership che per Fratelli d'Italia dovrebbe essere decisa attraverso la consueta regola: parla per primo chi ottiene più consensi. "Senza un accordo non avrebbe senso andare al governo insieme", dice Giorgia Meloni mandando un avvertimento di chi evidentemente non si fida. E se dalla Lega c'è stata una mezza apertura – "Chi avrà un voto in più avrà l’onore e l’onere di indicare il premier", le parole di Matteo Salvini – diversa è la musica che arriva da Forza Italia. "Questo tema non mi appassiona", dice oggi Berlusconi al Corriere. Esattamente le stesse parole usate da Antonio Tajani in un'intervista alla Stampa. Il numero due di FI, indicato dal Partito popolare europeo come "il nostro uomo in Italia", ha anche spiegato: "Se troviamo un candidato premier, ma poi non vinciamo, resta solo un candidato. Delle regole si troveranno. Insistere su questo dibattito comporta un rischio". E il rischio, ragiona, è che si oscurino i programmi, inseguendo i personalismi: "Serve una squadra, non un uomo o una donna sola al comando". Convincere Giorgia Meloni non sarà facile.

La prima occasione sarà domani a Montecitorio, dove è in programma il primo vertice tra i partiti di centrodestra. Sul tavolo anche l'altra questione spinosa: la spartizione dei collegi uninominali. Questa volta però la discussione dovrà andare oltre i titoli dei giornali. 

 

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