Soccorso Bruno
Di Maio prepara la lista con Tabacci, ma manca il front-runner. Si pensa a Stefano Boeri
Il ministro e il sottosegretario preparano il listone civico, ma sia Sala, sia Pizzarotti si sfilano. Come volto si pensa all'archistar Stefano Boeri. Ma per ora nessuno vuole metterci la faccia su un cartello che rischia di servire soltanto a rieleggere Di Maio e Tabacci
E’ il soccorso Bruno. Nessuna allusione ideologica, sia chiaro. Parliamo del sottosegretario alla Programmazione economia Bruno Tabacci. L’uomo che salva i piccoli partiti in difficoltà, il genio della lampada della raccolta firme prima delle elezioni. Luigi Di Maio conta su di lui per evitare la mission impossible: ottenere entro il 22 di agosto – in 26 giorni – le 73.500 firme, 1.500 per ognuno dei 49 collegi uninominali in cui è divisa l’Italia, che, regole alla mano, sarebbero necessarie per presentare il suo “Insieme per il futuro” alle elezioni del prossimo 25 settembre. Il logo del nuovo soggetto dimaiano sarà dunque affiancato da quello del Centro democratico, partito minuscolo certo, ma che da anni ha una caratteristica portentosa: partecipa alle elezioni. E questa presenza permette di evitare la raccolta. Lo sanno bene Emma Bonino, Riccardo Magi e Alessandro Fusacchia. Già nel 2018, infatti, Tabacci salvò +Europa dall’incombenza firme. E sono pesci che si moltiplicano perché adesso è proprio il logo del partito di Bonino a sollevare Azione dalla sfida. Mentre Centro democratico può farsi carico di un nuovo partito. Quello di Di Maio appunto, che, intanto, se ha un gruppo al Senato dopo la scissione dal M5s, lo deve proprio alla generosità di Tabacci. La partita non è ancora chiusa. L’incontro di martedì, svelato dal Foglio, tra Letta, Di Maio, Sala , alla fondazione Arel aveva lo scopo di chiudere l’accordo, ma ha subito destato malumori. Carlo Calenda ha cinguettato immediatamente: “E vabbè ci siamo giocati anche Beppe Sala. Ticket con Di Maio e Tabacci. Avanti così”.
Tutta questa pubblicità non piace affatto. Ieri il sottosegretario ha presentato la sua Federazione civica, insieme ad Andrea Fora, Salvatore Grillo e Franco D’Alfonso, sconosciutissimi presidenti di tre movimenti civici per zona d’Italia: Nord, Centro e Mezzogiorno. Le truppe cammellate per raccogliere voti in tutta Italia? Di certo, nonostante il refràin fosse molto simile a quello che ripete il ministro degli Esteri – “Diamo voce ai 2mila sindaci per Draghi” – Luigi Di Maio non c’era. Perché all’accordo, manca ancora il punto fondamentale: trovarli questi benedetti sindaci. Almeno uno. Noto e simbolico. Ieri Beppe Sala si affrettava a spiegare alle agenzie: “Darò una mano a Di Maio, ma non mi candido, non farò parte di nulla”. E anche l’ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti, altro possibile arruolato, che a brevissimo incontrerà in solitaria Letta, ha smentito un eventuale coinvolgimento. “Non ho aderito a nessun progetto elettorale, vecchio o nuovo che sia”. Per dirla con il segretario dem, al movimento di Di Maio e Tabacci, manca il front-runner. Si vocifera che la mano che potrebbe dare Sala si chiami Stefano Boeri. Un archistar può valere anche più di un sindaco.
Intanto ieri persino i tre carneadi che erano con Tabacci, mentre lui presentava la lista, mettevano le mani avanti: “Intanto facciamo una federazione, non sta scritto da nessuna parte che debba diventare un soggetto elettorale”. Insomma, il listone civico presenta tante difficoltà: da Pizzarotti a Sala nessuno vuole far la figura, del fesso che mette la faccia su un cartello che rischia di servire soltanto a rieleggere Di Maio, Tabacci e qualche altro fedelissimo (ma anche a portare qualche voto essenziale al centrosinistra).
I dimaiani in Parlamento comunque sono convinti: “A breve Luigi la chiude, andremo con il simbolo del Centro democratico in alleanza con il centrosinistra”. La presentazione della lista alla stampa, ulteriori inciampi permettendo, dovrebbe essere lunedì. Contattato dal Foglio il sottosegretario alla Programmazione economica glissa: “Non parlo di cose elettorali sto lavorando al Cipess, non ho tempo da perdere”.
Ma in silenzio lavora. Vecchia scuola democristiana il politico è un esperto di “spostamento di uomini”. Lo sanno bene quelli di +Europa che dopo aver avuto in dono il simbolo si fecero scippare il primo congresso di partito a Milano dalle truppe cammellate che Tabacci chiamò a raccolta da mezzo sud Italia (e che determinarono la vittoria congressuale di Benedetto Della Vedova). Ma lo sa altrettanto bene Giuseppe Conte che dopo l’uscita di Italia Viva dal governo giallorosso, si affidò alle sue sapiente mani per “la caccia ai responsabili” perché per salvare la legislatura, citiamo testualmente l’oggi draghianissimo Tabacci: “L’unica possibilità esistente, anche se ne sento di tutti i colori, è quella di un nuovo governo guidato da Conte. Il resto sono diversivi o velleità”. Anche le vecchie volpi sbagliano. Di Maio intato spera: “Questa volta andrà meglio”.