lega governista
Fedriga ricorda a Salvini l'agenda dei doveri, oltre la campagna elettorale
Il presidente del Friuli Venezia-Giulia chiede di abbassare i toni della propaganda e guarda già al dopo elezioni, quando l'ideologia e lo "scontro perenne" dovranno lasciar spazio al pragmatismo. Il monito al centrodestra e le preoccupazioni del Carroccio
Risponde alle domande sulle elezioni, ma parla già di quel che sarà dopo. Ammonisce e si proietta in avanti, Massimiliamo Fedriga. Il governatore del Friuli Venezia-Giulia che nella Lega rappresenta la quota governo, quel pragmatismo che allontana la propaganda, con la consapevolezza che la campagna elettorale è solo una parentesi. Poi ci sono i problemi, quelli veri, quelli che non se ne sono andati con la caduta del governo Draghi, semmai il contrario. E torneranno dopo il 25 settembre, ancora più consistenti.
E allora la speranza, "è che l'intero centrodestra sappia costruire un programma che non dica cosa farà il giorno dopo le elezioni, ma come vuole lasciare il paese dopo cinque anni", è il monito che Fedriga recapita al suo partito e agli alleati con un'intervista al Corriere della sera, che arriva proprio quando gli accordi sulla premiership - la decide chi prenderà un voto in più - e sui collegi uninominali sembrano, dopo tante polemiche e discussioni, ormai saldi.
Se è davvero così lo si vedrà entro pochi giorni, per metà agosto le liste dovranno essere chiuse, ma intanto il governatore chiede uno sforzo di buon senso e di serietà. Sposa quella che su queste pagine abbiamo definito l'agenda dei doveri, da contrapporre all'agenda Tafazzi, quella del catastrofismo e dell'autolesionismo della politica italiana, fatto di reciproche accuse e delegittimazioni. Una posizione non più sostenibile dopo una legislatura come quella appena trascorsa in cui, ad eccezione di Fratelli D'Italia, hanno praticamente governato tutti. Condividendo perciò meriti e colpe (parecchie) dell'azione di governo. Responsabilità da cui nessuno può ritenersi esente. "Se c'è una cosa che odio è la demonizzazione dell'avversario", spiega Fedriga. Che si tratti di Meloni, o degli altri. Tant'è che a proposito del futuro presidente del Consiglio, e del nome che sarà, dice: "Credo che tutte le forze nell'alveo democratico abbiano assolutamente il diritto di esprimere un candidato". Ma il ragionamento può essere esteso al di là del premier, s'intende.
Ed è in questo quadro che il presidente friulano invita a fare meno sparate, a prendere atto di quelli che sono i problemi e di come andranno affrontati: la propaganda deve diventare programmazione. Un concetto ribadito più volte, nonostante la coscienza che la ricerca del consenso abbia le sue regole: "Come forse mai prima la politica deve essere lungimirante. Comprendo bene che sia difficile dirlo in un contesto elettorale, ma ci sono scelte che sono per i cittadini, non per ideologia".
E chissà che non si riferisse proprio al suo leader, che è tornato l'uomo-felpa in versione balneare, con il solito cavallo di battaglia: i migranti, l'invasione, i porti chiusi. "Io vi dico che il 25 settembre vince il centrodestra e la Lega sarà il primo partito", ha esordito Salvini qualche giorno fa in un comizio a Domodossola, suscitando le perplessità - qualcuno pare abbia anche riso - degli alleati di centrodestra, e pare anche di qualche collega di partito che teme invece, al contrario, che Fratelli d'italia possa doppiare il Carroccio.
Una consapevolezza che in qualche misura è propria anche di Fedriga, lui che si è fatto le ossa come capogruppo leghista alla Camera nel 2014. Passaggio intermedio verso il governo del Friuli, dove ha compreso ancor di più che per fare le leggi occorre la mediazione, la concretezza. "Altrimenti rischiamo di ridurre la politica non più a confronto ma a Isola dei famosi. Non possiamo pensare che ci sia uno scontro perenne a prescindere". Arriverà insomma il tempo del governo, delle scelte, e se i sondaggi non sbagliano toccherà in particolare al centrodestra. Ci sarà di nuovo bisogno dei cosiddetti governisti, un ruolo che Fedriga ha già incarnato negli ultmi mesi, volto responsabile della Lega insieme ai Giorgetti e agli Zaia ( tra i più critici, al netto della disciplina di partito, per come Salvini ha giocato questa crisi di governo). I loro sforzi non sono bastati a salvare l'ultimo esecutivo, ha prevalso il calcolo opportunistico. Ma dopo le elezioni la fase sarà un'altra e toccherà di nuovo ai pragmatici, piegando l'ideologia all'esigenza, meglio se nazionale.