Bizzarrie
Il fascismo liberale, un altro ossimoro da governare. Guida con vista elezioni
Il liberalismo senza una nozione anche molto conservatrice di democrazia non si può realizzare, invece la democrazia senza liberalismo può vivere e sopravvivere, succede in Polonia e Ungheria. Come è possibile?
Il fascismo liberale è un ossimoro, la giustapposizione di concetti contraddittori, ma anche il socialismo liberale lo è, nonostante grandi testimoni come Piero Gobetti e Carlo Rosselli. Meloni al potere, se riuscisse a insignorirsene per via elettorale, vuol dire che bisogna fare i conti con una nuova bizzarria di conio italiano? D’altra parte fenomeni di forte spiazzamento rispetto alla matrice e ai simboli e alla retorica pubblica sono il nostro pane quotidiano da sempre.
La Democrazia cristiana portava i mutandoni lunghi del cattolicesimo preconciliare e lo stigma di una chiesa pacelliana che con il fascismo e l’assetto arcaico dell’Italia agraria e premoderna aveva intrecciato un rapporto strettissimo, perfino ieratico, eppure realizzò la grande transizione degli anni Cinquanta all’affluenza capitalistica, al boom e alla ricostruzione modernizzante.
Il partito comunista di Togliatti era segnato dal legame di ferro con l’Unione Sovietica, dai suoi simboli alla sua dottrina cominternista, ma nella famosa “via italiana” contribuì, a partire dalla firma della Costituzione “nata dalla Resistenza” fino alla costruzione di un’alleanza vasta con i ceti medi, al radicamento della democrazia politica e di istituzioni solidamente rappresentative.
A pensarci bene, in piccolo e più di recente, anche il fenomeno della Lega e dei grillozzi ha in sé il potenziale della metamorfosi di sistema. Bossi era secessionista, e questa è la matrice del nordismo di Pontida, ma attraverso Berlusconi e poi Salvini si è affermato, anche contro le premesse e gli svolgimenti piuttosto truci del tentativo di nazionalizzare il partito facendone una fucina populista, il partito dell’amministrazione e del produttivismo dei presidenti di regione, dei sindaci e dei ceti lombardo-veneti intrisi di pragmatismo, perfino draghiani. Grillo voleva sfasciare tutto plebiscitariamente, demonizzando le alleanze, i grillozzi hanno sfasciato sé stessi a colpi di retorica antipolitica ma nel processo hanno contratto alleanze con tutti, realizzato riforme e sono approdati infine al Pnrr, nientemeno. Si possono fare altri esempi di ossimori viventi nella nostra biosfera politica.
Invece la formula “democrazia illiberale”, al contrario di fascismo o socialismo liberale, questa formula sperimentata in Europa che è il vero pericolo da cui guardarsi, non è affatto un ossimoro. Il liberalismo senza una nozione anche molto conservatrice di democrazia non si può realizzare in alcun modo, invece la democrazia senza liberalismo, la democrazia illiberale, può vivere e sopravvivere, come insegnano ungheresi e polacchi, e in certa misura perfino l’esito ormai apertamente autocratico della Russia di Putin. Meloni non vuole e non sa liberarsi oltre un certo limite della simbologia che la collega al neofascismo missino, la fiamma che arde sulla tomba del Duce, per esempio. Degrada a folklore le manifestazioni dei nostalgici, i bracci levati nel saluto romano, e molto altro, però nel suo minestrone militante resta qualche traccia sostanziale del passato simbolico. Ma il neofascismo fece con Fini a Fiuggi la sua Bad Godesberg, proclamando apertamente l’abbandono della casa del padre. Più che il fascismo, o la sua pazza e contraddittoria combinazione con il liberalismo, si può temere appunto una democrazia elettorale con tratti di fervente illiberalismo. Bisognerà, nel caso, tenere d’occhio sopra tutto il regime delle libertà civili, il rispetto dei diritti e della libertà d’espressione, l’adesione senza riserve a un funzionamento effettivo della divisione dei poteri e dei controlli incrociati. Anche Orbán fa le elezioni, e le vince, ma immette nella pratica procedurale della democrazia l’illiberalismo di un controllo pervasivo dell’opinione pubblica e delle istituzioni. Purtroppo la democrazia si sposa in certa misura con la propria negazione.