“Guardia alta con Russia e Cina”. Parla Adolfo Urso (Copasir)
Il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica spiega che l’Italia di Meloni starà ancora più attenta sulle ingerenze dall'estero (malgrado Salvini)
“La guerra in Ucraina rappresenta un salto della storia, non una parentesi”, dice il presidente del Copasir, Adolfo Urso. “Ora serve responsabilità da parte di tutti. L’Italia è un paese più esposto di altri. Nella politica estera e di sicurezza non sono ammesse ambiguità”. Sembrerebbe che Urso si rivolga ai suoi alleati del centrodestra. A Matteo Salvini, in particolare. “Lo dico a tutti. Ci sono potenze autoritarie e imperialistiche che puntano al predominio sulle democrazie occidentali”. La leader di FdI Giorgia Meloni ha sgombrato il campo dalle ambiguità. A differenza di altri. “L’Italia non può essere il ventre molle d’Europa. Quando Giorgia, verosimilmente, sarà investita del compito di guidare il governo, pretenderà massima responsabilità da parte di tutti. E non sfugga che FdI è un partito che fa quello che dice. La nostra avanzata, così travolgente quanto graduale, prosegue inarrestabile perché le persone hanno capito che siamo affidabili, seri, coerenti. Di fronte a un paese che è apparso inaffidabile nei rapporti internazionali, di fronte a forze politiche che hanno cambiato posizioni e alleanze per formare governi in assenza di un’investitura diretta mediante il voto popolare, io credo che serva una proposta chiara e credibile. Noi siamo pronti”.
Tiene banco il dossier “ombre russe”. L’avvocato Antonio Capuano, che organizzava viaggi in Russia per Salvini, è stato intercettato durante i suoi colloqui con un funzionario dell’Ambasciata russa a Roma. Da chi? “Io posso riferire solo quello che è stato riportato al Copasir dagli organi preposti alla sicurezza nazionale. Su Capuano, in tempi non sospetti, abbiamo chiesto al Comparto se vi fosse evidenza di profili di rilievo per la sicurezza nazionale, secondo procedure univoche e tempestive che utilizziamo nei confronti di chiunque. Come confermato, in modo inequivocabile, dallo stesso Gabrielli, non sono emersi elementi di rischio per la sicurezza nazionale. Posizione ribadita in modo netto sia nelle audizioni sia per iscritto. Ciò è accaduto anche a seguito dello scoop del quotidiano La Verità che in effetti è stato ripreso, a distanza di un mese, da La Stampa”.
Capuano era intercettato da servizi stranieri? “Noi non ne siamo a conoscenza. La mia unica fonte è l’intelligence italiana. Se loro hanno notizie da servizi stranieri, dovrebbero a noi riferirle”.
Lei vede una “manina russa” dietro gli sbarchi di migranti dal nord Africa? Per qualcuno sarebbero una macchinazione dei mercenari della Wagner. “Non abbiamo sinora alcuna evidenza. Domani avremo la audizione del direttore del Dis ed uno degli elementi riguarda ovviamente la crisi in Libia. Aggiungo che, in virtù di informazioni in nostro possesso, riteniamo che la Wagner abbia ridotto la sua presenza nel Paese. Ciò non toglie che la Russia, come la Turchia e la Cina, sia molto attiva nel continente africano dove, oggi, si misura il confronto tra Oriente e Occidente, come peraltro dimostra il recente tour del ministro degli Esteri Lavrov. La strategia russa di accerchiamento dell’Europa passa anche dall’Africa. Lo abbiamo denunciato nella nostra relazione al Parlamento del 9 febbraio. L’Africa e il ‘Mediterraneo allargato’, con la Libia snodo nevralgico, devono diventare priorità nazionale ed europea”.
Tra fascismo e “fattore P.”, la campagna elettorale rischia di apparire lontana dalla vita reale? “Noi stiamo cercando di indirizzarla sui binari della concretezza e della responsabilità. Giorgia è stata chiara: presenteremo programmi realizzabili, non un libro dei sogni ma un’agenda di governo”. Le pensioni a mille euro, come ha proposto Silvio Berlusconi? “Noi ragioniamo in positivo, per costruire, ma ogni misura dovrà essere concordata tra gli alleati. Non è più tempo per governi improvvisati e maggioranze composite. Noi vogliamo fare sul serio”. A proposito, nel 2018, con la firma italiana al Memorandum per la nuova Via della Seta l’Italia ha volteggiato verso lidi distanti dalla nostra tradizionale politica estera. “Indubbiamente quella stagione ha segnato uno smottamento rispetto ai nostri assi consolidati. Voglio ricordare che, nel giorno in cui il presidente Xi Jinping atterrava a Roma, siamo stati l’unica forza politica a promuovere, con la fondazione Farefuturo, un’iniziativa, a Montecitorio, sulla politica ‘dual use’ della Cina: già allora denunciavamo come, attraverso la penetrazione economica, la Cina intendesse minare la nostra sovranità in nome della politica di potenza. Nelle presidenziali Usa del 2008 il candidato Obama puntava sull’apertura verso la Cina, al punto che, quando fu eletto, il Segretario di Stato Hillary Clinton tenne la prima missione a Pechino. L’avversario di Obama, il repubblicano John McCain, li aveva messi in guardia: la Cina è il pericolo, dobbiamo puntare su un’alleanza dei popoli democratici per contenere l’espansionismo con gli occhi a mandorla. Chi aveva ragione?”. Il nuovo Concetto strategico della Nato, aggiornato lo scorso giugno a Madrid, definisce la Russia la “minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli alleati”, mentre la Cina diventa la “sfida” sistemica. E dire che nel Concetto fin lì in vigore, risalente al 2010, la Russia era “partner strategico” e la Cina non era sostanzialmente menzionata.
“Lo spartiacque è il 2013 quando il treno della storia si ferma e torna indietro. Nel novembre del 2001, all’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle di New York, da viceministro al commercio estero partecipai al vertice Wto in Qatar che formalizzò l’adesione della Cina e di Taiwan. Pochi mesi dopo nel maggio del 2002 si svolse il vertice NATO di Pratica di mare con Putin. Era un tentativo di dialogo che segnò l’inizio del Secolo. A distanza di dieci anni, accadono però due eventi di prima grandezza: a Pechino Xi viene eletto presidente della Repubblica popolare cinese e, per prima cosa, rilancia la nuova Via della Seta rispolverando l’antico imperialismo cinese. La Russia, sempre nel 2013, adotta la dottrina Gerasimov, dal nome del generale, attuale capo di stato maggiore della Difesa, che l’ha teorizzata: l’idea di fondo è che le guerre del XXI secolo sono guerre asimmetriche e ibride, e le armi sono diverse da quelle utilizzate nei conflitti convenzionali”.
La tecnologia, e la Rete, giocano un ruolo centrale. “Lei pensi a Internet e alla globalizzazione. Fino al 2013, c’era la corsa delle aziende occidentali verso la Cina, la fabbrica del mondo con manodopera a basso costo; e Internet, persino in Russia, veicolava le voci dei cittadini, anche nelle loro legittime rivendicazioni di libertà e diritti. Oggi a Mosca, come a Pechino, la Rete è uno strumento di controllo politico e sociale, saldamente nelle mani del governo. La Rete è diventata uno strumento di disinformazione e propaganda, a uso e consumo del regime; essa è utilizzata anche per condizionare e sottomettere le democrazie occidentali la cui vulnerabilità deriva dall’essere ‘società aperte’. In Cina le aziende nazionali rispondono tutte all’apparato statale e spesso anche a quello militare. Sono capisaldi della politica di potenza. E, in diversa misura, questo accade anche in Russia attraverso gli oligarchi”.
Da Craxi a Berlusconi, passando per Andreotti e Prodi: nella sua politica estera l’Italia, storicamente, ha saputo mediare e far dialogare i diversi. Oggi abbiamo perduto abilità diplomatica o i nostri interlocutori sono divenuti più aggressivi? “Entrambe le cose. Loro sono più aggressivi perché la tecnologia e la globalizzazione li rende pervasivi, sono dentro di noi, ma è anche vero che l’Italia non è più in grado di giocare un ruolo, appare smarrita. In questa legislatura abbiamo avuto tre governi con diverse e contraddittorie politiche estere, fin quando Draghi ha raddrizzato la rotta. Non sappiamo più quale sia il nostro baricentro. L’Italia è sempre stata un paese di frontiera e cerniera: ai tempi dell’Urss, nel paese con il partito comunista più forte in Europa, fummo i primi a installare i missili Pershing e Cruise anche grazie alla determinazione del governo Craxi e con il supporto del MSI, e nonostante la ferma opposizione della sinistra. Nel 1966 la Fiat siglò un accordo con il governo sovietico per realizzare a Togliattigrad uno stabilimento in grado di produrre 600mila vetture l’anno. Ogni popolo è espressione della propria storia”. E oggi qual è la nostra? “Nella società contemporanea prevale la followship, l’istinto di inseguire i like su Facebook, quando invece ci sarebbe un enorme bisogno di leadership, per questo la gente sceglie il partito di Giorgia Meloni”.