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il voto a destra

Meloni: "Salvini al Viminale? Non si decide ora". E Berlusconi: "Il suo linguaggio diverso dal nostro"

Antonia Ferri

I leader di Fratelli d'Italia e Forza Italia prendono le distanze dal leghista. "Non abbiamo lo stesso elettorato”, dice il Cav. E ne minano il tentativo di predominio. Intanto si cerca un accordo sui collegi uninominali

"In passato sono partito dal 10 per cento e sono arrivato al 21 per cento. Adesso mi sono messo ancora in campagna elettorale e penso che non dobbiamo chiudere a meno del 20 per cento". Con queste parole Silvio Berlusconi ha rispolverato stamattina a Non stop news su Rtl 102.5 le sue cartucce attraverso il ricordo delle antiche glorie. L'ex presidente, che dimostra di riaccendersi in campagna elettorale, non si ferma qui e delinea le sue intenzioni. Si vuole candidare alla presidenza del Consiglio? “No, l'ho fatto per oltre dieci anni con grandi risultati, adesso bisogna lasciare che ci sia qualcuno che possa fare delle buone cose”.

 

Allora, presidente del Senato? La voce di una sua candidatura come seconda carica dello stato circola già da settimane. Il Cav. prima mentisce: “È totalmente infondata la voce di una mia ambizione di fare il presidente del Senato”, poi ritratta: “Forse mi candiderò per il Senato, ma penso di essere più utile restando in Europa, a lavorare per convincere l'Ue a darsi una posizione nei confronti di Usa Cina e Russia”.

 

Ma, al di là dei personalismi, Berlusconi pensa all'esecutivo che si prospetta e che, secondo tutti i sondaggi, darà ampio spazio alla coalizione di centrodestra: "Faremo un governo di alto profilo, credibile in Europa e nel mondo. Troveremo qualche eccellente individualità dell'economia, della cultura, della scienza e dell'amministrazione". Un sogno a occhi aperti, nel solco della “rinascita dell'Italia”, così come la pensa anche la leader di Fratelli d'Italia, in testa nelle intenzioni di voto dei cittadini. Verso di lei, secondo il Cav. sarebbe in atto una “demonizzazione vergognosa”. Eppure, la sua scelta di non partecipare al governo apparterrebbe al passato, e a quanto dichiara Berlusconi, ora non è più momento di riflettere sulle scelte della scorsa legislatura, durante la quale Forza Italia, così come la Lega hanno deciso di essere “protagoniste di un'azione di governo”.

 

È proprio ieri Giorgia Meloni, parlando su Rete4, ha gelato Matteo Salvini e la sua proposta di indicare i ministri prima del voto del 25 settembre: “Lui al Viminale? Non si decide ora”. Insomma, testa bassa e aspettiamo i risultati. Al massimo, adesso si possono concordare alcune personalità. Una tra tutte, Stefano Donnarumma, l'amministratore delegato di Terna che, nella mente della leader, potrebbe diventare ministro dello Sviluppo economico al posto di Giancarlo Giorgetti.

 

Un'ulteriore stilettata al predominio di Matteo Salvini. Da lui, nonostante le passate decisioni comuni, si allontana anche lo stesso Berlusconi: "Con la Lega abbiamo molti punti in comune, ma certamente linguaggio e atteggiamenti di Salvini non sono i nostri, così come l'elettorato". Il tutto mentre, dall'interno, il centrodestra cerca un accordo sul programma e sui collegi uninominali. Per quanto riguarda questi ultimi, i tre capi di partito stanno usando il “metodo Verdini” – da Denis Verdini, ex senatore di Fi – secondo il quale la spartizione dei 221 collegi è divisa in sei fasce: la prima che riguarda i collegi blindati, roccaforti della destra in cui si è certi di vincere, l'ultima quelli che certamente andranno alla sinistra e in mezzo quattro sfumature da contendersi.

 

Il programma invece resta ancora misterioso. Finora sembra che si sia raggiunta un'intesa sulla condivisione di alcuni principi: dalla collocazione euro-atlantica con la presa di posizione a favore dell'Ucraina – quest'ultimo, punto non scontato, soprattutto viste le indiscrezioni degli ultimi tempi – al presidenzialismo. Sul cambiamento climatico sembra che la soluzione comune sia il rilancio del nucleare. Tirando le somme, si potrebbe dire che non ci sia nulla di ancora deciso. Almeno fin quando non si dirimerà la più complessa questione delle politiche economiche: come da tradizione, le tasse non le vuole nessuno, ma quali sono i metodi per ridurle? Su questo le opinioni divergono.

Mentre sull'aumento delle pensioni, Giorgia Meloni avrebbe pregato i due alleati di “non fare promesse che non si possono mantenere”, visto che poi probabilmente le responsabilità ricadranno sulle sue spalle. E le proposte ad oggi se realizzate, potrebbero sottrarre risorse per lavoro e investimenti.