Il caso
Nel Pd scatta l'operazione Fratoianni: "Non possiamo perderlo". Conte ci rinuncia
Il segretario dem incontra lui e Bonelli: "Passi in avanti". Ma l'accordo non è chiuso. Sinistra e Verdi vogliono in tutto 25 seggi e il no all'agenda Draghi
All’improvviso tutti cercano Nicola Fratoianni da Foligno, 50 anni, fratello minore di Nichi Vendola, uno che si emoziona ancora quando pensa al G8 di Genova. E’ il leader di Sinistra italiana, il partito che compone la bicicletta con i Verdi di Angelo Bonelli. Personaggio del giorno, Fratoianni. Lo chiama Giuseppe Conte per esempio, almeno cinque volte. Poi il capo del M5s realizza che forse il suo interesse è usato per alzare la posta al tavolo con il Pd. Allo stesso tempo, dalle parti di Si rimangono perplessi davanti all’interessamento dell’ex premier pentastellato: “Ma Grillo non vuole alleanze con i partiti perché ci cercano?”.
Nei dem intanto scatta il soccorso rosso: gli ex figiciotti, Andrea Orlando e Gianni Cuperlo, si attivano per riportare a bordo la coppia che proprio non può soffrire Carlo Calenda, “uno sovradimensionato nell’espressione del suo ego”. Al lavoro anche Peppe Provenzano e Goffredo Bettini. Fratoianni, seguito da Paolo Fedeli, capo ufficio stampa e figura centrale del partito conteso, sembra oscillare. Altro che i famosi minuti di Andy Warhol. Anche Bonelli alza la voce contro il leader di Azione. E’ aiutato da Gianfranco Mascia, ex Popolo viola, già candidato alle primarie di Roma nel 2016. All’epoca girava sempre con un orso di peluche. Come il cartone animato. Alle 18.45 entra in scena Enrico Letta.
Il segretario del Pd è appena tornato da Revolution Camp con studenti di scuole superiori e università nella pineta di Tarquinia, nel Viterbese. Adesso, al terzo piano di Montecitorio, ha un altro campeggio da tirare avanti. Deve piazzare tutte le varie tende del campo largo. Letta ha davanti Fratoianni e Bonelli. Gli parlano di programmi, maledicendo quello di Azione. Si discute anche di seggi uninominali. I rossoverdi ne vorrebbero una venticinquina. “Ma noi abbiamo i voti: oscilliamo dal 3,8 al 5,8 per cento secondo i sondaggi”. E’ la forza del sole che ride, dicono. Un brand che di questi tempi è tornato a tirare. Il segretario del Pd è ancora chiuso in una stanza con i possibili e sempre più probabili alleati, mentre Mario Draghi sta parlando in quella dovrebbe essere la sua ultima conferenza stampa da premier. Ecco, meglio che non parlino dell’agenda Draghi, altrimenti non uscirebbero da quella stanza. Letta, in modalità Giobbe, prova a tenere tutto insieme: l’urgano Calenda, lo scontento e ridimensionato Di Maio, la curva rossa-Greta.
Dopo un’ora e mezza l’incontro si chiude. Ma non chiude l’accordo. Il tavolo viene aggiornato nelle prossime 24 ore. Letta parla comunque di “passi in avanti”. Dunque è cauto come sempre, ma con venature di ottimismo. Per carità di patria viene chiesto di non diffondere documenti sul programma che manderebbero in tilt la coalizione (il Twitter di Calenda è noto per dormire mai). Al Nazareno sono convinti che alla fine si riuscirà a trovare un’intesa complessiva. Ci sono in mezzo gli elementi di merito, ma anche i seggi. Fratoianni ribadisce “che per lui l’agenda Draghi è impraticabile”. E sfida il capo dell’Azione: “Vedrete chi prenderà più voti”. Tutto è sospeso, ma l’intesa sembra tangibile. Domani il segretario del Pd incontrerà Di Maio, in difficoltà con le truppe del suo nuovo partito: dovrà candidarsi con il Pd, ma tutti gli altri restano di restare a casa. “Spingeremo la lista assicurano dal Pd con i sindaci civici”.