lo scenario
Musumeci si dimette in Sicilia. Così Meloni vuole dettare la linea sulle regionali
Nell'isola si andrà all'election day. La leader di Fratelli d'Italia prova a giocare d'anticipo e mette gli alleati alle strette nella scelta dei candidati a livello locale. Le mire sulla Lombardia
Quando si dice: giocare d'anticipo. E' un po' quello che ha voluto fare ieri Nello Musumeci, annunciando le dimissioni da presidente della Sicilia. Una decisione che era già stata anticipata. Ma che è diventata ufficiale e che comporta il primo effetto pratico dopo mesi di scenari e ipotesi: nell'isola ci sarà un election day, il 25 settembre. Ci si recherà alle urne sia per eleggere il nuovo Parlamento che per scegliere il nuovo governo della regione.
Da un punto di vista tecnico, le dimissioni sono state giustificate dal rischio che ci potesse essere una doppia tornata, a settembre per le politiche e a novembre per le regionali, che avrebbe comportato un aggravio non solo a livello di costi ma anche per quel che riguarda, ad esempio, la situazione pandemica. E' evidente che però dietro alle intenzioni di Musumeci c'è anche, e soprattutto, un chiaro messaggio politico.
Sappiamo come la riconferma del presidente uscente sia stata osteggiata dalla coalizione di centrodestra. In particolar modo dal maggiorente di Forza Italia in Sicilia Gianfranco Micciché, che nei suoi confronti non ha espresso particolari apprezzamenti (lo ha definito, tra le altre cose, "fascista catanese" che in questi cinque anni ha "umiliato le forze politiche"). Da qui la volontà di uscire dall'impasse, cercando di giocare d'anticipo, di comune accordo con Giorgia Meloni. Che da mesi chiede una soluzione per la Sicilia, e che invece a un mese e mezzo dalle urne vede il centrodestra ancora all'oscuro del proprio candidato ufficiale. Mentre nel frattempo il fronte rossogiallo (che a queste latitutini sopravvive come esperimento di "campo largo") ha già puntato le sue fiches sull'europarlamentare dem Caterina Chinnici. E il ruolo del terzo incomodo spetta al ticket Cateno De Luca-Dino Giarrusso, con la loro nuova formazione meridionalista.
Fatto sta che questo tempismo permette alla leader di Fratelli d'Italia, in predicato di diventare il capo del centrodestra, di spingere gli alleati a trovare una soluzione condivisa. Che, per paradossale che possa sembrare, potrebbe pur sempre portare alla reinvestitura di Musumeci, visto che lo stesso diretto interessato ieri si è nuovamente detto "pronto a guidare la coalizione". E non è un caso che anche all'interno del centrodestra siciliano ieri le reazioni siano state piuttosto timide, silenti. Per dire, dopo il fitto lavorio di bordate che hanno portato al passo indietro, da Forza Italia hanno preferito non commentare, Mentre il segretario regionale della Lega Sicilia Nino Minardo si è limitato a sostenere: che le dimissioni "colgono in pieno la linea e l'auspicio che la Lega aveva espresso in questi giorni". E cioè quello di andare a votare nello stessio giorno delle politiche.
Ma c'è un surplus di analisi che merita una qualche considerazione. Perché la mossa di Musumeci serve a Meloni anche per cercare di dettare condizioni nelle prossime strategiche partite, che si apriranno in seguito alle elezioni politiche. Sopra tutte, le elezioni in Lombardia. Dove ufficialmente la regola della riconferma degli uscenti avrebbe dovuto condurre alla promozione scontata di Attilio Fontana. E che però dopo la caduta di Musumeci, e le mire di Letizia Moratti, ogni giorno appare meno sicura.