Il caso
Con Letta (o dopo Letta): nel Pd inquieto si riaffaccia Bonaccini
C'è chi lo vede già come il prossimo segretario dem in caso di batosta elettorale, ma sulle alleanze il governatore emiliano sta con Letta: servono anche Si ed Europa Verde. Ma chiede a Calenda di pensarci un'altra volta: "Perché con la forza e in solitudine non si ottiene granché"
Sarà pure il Mario Balotelli del partito democratico. L’eterna promessa per la segreteria dem. Eppure Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna con deciso piglio riformista nella partita delle alleanze ha sposato in tutto e per tutto le scelte del segretario dem Enrico Letta. Proprio quello a cui tutti vociferano si preparerebbe a fare le scarpe dopo il voto del 25 settembre e l’eventuale batosta elettorale.
D’altronde con il Pd che sembra destinato alla sconfitta la malizia dentro al partito porta a guardare già al dopo le urne. Con la chiusura dell’accordo con Calenda i fari erano tutti puntati su Andrea Orlando, l’uomo forte della sinistra dem. Quando le carte in tavola si sono totalmente ribaltate anche l’attenzione ha fatto un giro di 360 gradi e si è spostata su quello che è considerato uno dei leader dell’anima riformista dem, Stefano Bonaccini per l’appunto. A rafforzare questa sensazione sono state anche alcune dichiarazioni che il governatore ha fatto alla trasmissione in Onda. “Mi auguro non ci sia nel Pd la tentazione di rinchiudersi in una ridotta di sinistra per rifare i Ds. Non ci sto a lasciare il riformismo a Calenda”, ha spiegato prima di aggiungere: “Non venga la tentazione, al Pd nazionale, di scaricare qui dei paracadutati. Ora servono candidati civici forti o radicati nel territorio”.
In questi giorni però lo scambio di messaggi tra il Nazareno e via Aldo Moro, sede della Regione Emilia-Romagna, è stato in realtà piuttosto fitto, la linea pienamente condivisa tra Letta e Bonaccini: serve una coalizione più amplia possibile. Quindi anche con Si ed Europa Verde. Insomma, l’alleanza elettorale voluta da Letta con Si e Europa Verde, che ha condotto il leader di Azione allo strappo, era sostenuta pienamente anche dal governatore emiliano che solo tre giorni fa lo spiegava così all’edizione bolognese del Corriere della Sera: “Su questi temi di agenda sociale e ambientale è importante anche il contributo di Sinistra italiana e Verdi. In Emilia-Romagna governiamo bene con Azione e i Verdi, Italia Viva e Sinistra Italiana”. Tant’è che dalla stessa trasmissione in cui lanciava moniti al partito, Bonaccini si è anche aggregato al coro dei dem indignati con Calenda. Subito ha tuonato: “Sono rimasto sconcertato, adesso a gongolare sono Meloni e Salvini da una parte e Conte dall’altra”.
D’altronde che si prepari a scalare il partito o meno una cosa è certa: Bonaccini è spaventato dal rischio che la mancata alleanza con Calenda possa indebolire la parte riformista del Pd, trascinando il partito a sinistra. Neanche per volontà, ma per ragioni di fisica politica. La nascita di un terzo polo limpidamente riformista rischia di sottrarre elettorato su quei temi. Ed è proprio questo oggi il principale timore di Bonaccini: lo scippo dell’Agenda Draghi. E infatti, nonostante “il tradimento” di Calenda il governatore è fra i pochi che ancora lunedì provava a ricucire. Con una sorta di lettera aperta pubblicata su Facebook, ha rivendicato l’anima riformista dem e ricordato come in Emilia rigassificatori, parchi eolici e termovalorizzatori si riescano a fare tenendo insieme Pd, Azione, Verdi, Sinistra italiana e Italia Viva. “Non siamo sempre d’accordo su tutto, discutiamo. E poi decidiamo. Sarebbe utile fare lo stesso al governo del Paese”, ha scritto.
Poi il nuovo invito a tornare in coalizione: “Perché con la forza e in solitudine non si ottiene granché. Il pragmatismo di cui spesso parli è sacrosanto, e migliaia di amministratori locali del Pd e dei suoi alleati parlano questa stessa lingua. Per questo io credo che queste cose dovremmo farle insieme”.