Le regionali
Il centrodestra si pesa in Sicilia e guarda a Palazzo Chigi. Mentre traballa l'asse Pd-M5s
Caduti i veti incrocati, domani a Roma il tavolo di centrodestra per fare il punto. Meloni vota Musumeci, Forza Italia punta sull'ex ministro Prestigiacomo, la Lega dice Minardo. Intanto la candidatura rossogialla di Chinnici scricchiola e Conte avverte i suoi: "Chiamati a scelte importanti"
Si vedranno domani a Roma per cercare di fissare il primo paletto. Attorno al tavolo, i leader del centrodestra siciliano e quelli nazionali. E lo faranno adesso che i veti incrociati - anche quello principale sul presidente Nello Musumeci - sono caduti, dopo mesi di insulti e ultimatum. L'obiettivo è individuare finalmente una candidatura unitaria per la presidenza della regione Sicilia, che andrà al voto (anticipato) il 25 settembre per effetto delle dimissioni del governatore uscente, capitalizzando così l'effetto election day, con la coalizione di centrodestra ampiamente in vantaggio secondo tutti i sondaggi.
Il vertice non sarà risolutivo, restano ancora aperti tanti nodi, ma intanto servirà a definire a quale partito assegnare la nomina. Un punto di partenza. Ieri a Palermo si è tenuta una riunione dei dirigenti siciliani nel corso della quale, riferiscono tutti i presenti, si è giunti a un punto di caduta comune: niente veti sui candidati e una legittimazione reciproca tra i partiti, ognuno potrà avanzare proposte e nomi. Anche quella di Nello Musumeci in quota FdI, appunto, la cui candidatura è stata a lungo oggetto del contendere: osteggiata da Lega e soprattutto da Forza Italia, per opera del coordinatore regionale Gianfranco Micchichè. Per dire, in più di un occasione – da Ignazio La Russa a Francesco Lollobrigida – gli esponenti del partito di Meloni hanno minacciato che senza la ricandidatura del presidente uscente avrebbero messo in discussione quella di Fontana in Lombardia: “Non lo votiamo”.
Ecco che allora il vertice di ieri in Sicilia rappresenta più di un passo in avanti, la base su cui poggiare la trattativa, con un occhio a Palazzo Chigi. "Abbiamo fatto un accordo che secondo me è molto positivo”, certifica lo stesso Miccicchè, fino a ieri il più accesso oppositore di Musumeci e meloniani, definiti finanche “fascisti” nei momenti di massima tensione. “FI rivendicherà la presidenza della regione, così come gli altri”, ha aggiunto l'uomo del Cav. in Sicilia. I forzisti punteranno su Stefania Prestigiacomo: “un onore e una responsabilità altissima”, dice lei. La deputata ed ex ministro alle Pari opportunità e all'Ambiente dovrà vedersela con il segretario siciliano della Lega Nino Minardo, “il quale sta però valutando, insieme al partito, se proseguire nell'impegno politico a Roma", ha fatto sapere il Carroccio. Una proposta che ha raccolto il favore del Movimento per l'Autonomia, federato proprio con la Lega: “Siamo schierati con Minardo come politico e con il magistrato Massimo Russo se si dovesse guardare a un tecnico: poi veti non ce ne sono”, ha spiegato ai giornali locali il leader di Mpa Raffaele Lombardo, ex presidente di regione tra il 2008 e il 2012. Con un pizzico di rammarico (rivelatore): “Purtroppo la coincidenza tra regionali e politiche affida ai tavoli nazionali questa scelta”.
Meloni intanto punterà ancora su Musumeci, ma è chiaro che i ragionamenti non riguarderanno solo l'isola. Minardo infatti potrebbe voler continuare il suo percorso nazionale, mentre altri non troveranno posto in un Parlamento ridotto. Si ragionerà anche di questo, così come si peseranno almeno in parte i rapporti di forza. Ma al contempo questa sorta di 'commissariamento' dovrebbe permettere una scelta senza strappi, almeno apparenti, mostrando l'unità di una coalizione che si candida a governare non solo l'isola ma l'intero Paese.
Tensioni rossogialle
Sarebbe anche un modo per segnare un ulteriore distacco rispetto al quotidiano teatrino delle alleanze in quel che resta del centrosinistra, segnato prima dalla rottura nazionale tra Pd-M5s e oggi anche da quella al centro. Tensioni che attraversano anche la politica siciliana e che Caterina Chinnici, la candidata scelta attraverso le primarie tra dem e grillini, potrebbe presto scontare. Tanto che un suo passo indietro è un'ipotesi che non si può escludere. “Non possiamo permettere che la Regione sia amministrata senza che ci si scontri con i nostri principi, che non sono negoziabili", ha detto Giuseppe Conte durante la riunione dell'assemblea locale del M5s, divisa sulla strada da percorrere.. “Saremo chiamati a scelte importanti”, ha aggiunto l'ex premier. Parole che minano il già fragile equilibrio rossogiallo e che presto potrebbero rappresentare una nuova grana per Enrico Letta.