Il caso
M5s, Parlamentarie al buio e senza regole. Casalino: "Non corro per il bene di Conte"
Duemila le autocandidature, la pratica è nelle mani di Vito Crimi. Conte avrà l'ultima parola. Timore sul voto online: c'è il rischio delle infiltrazioni degli iscritti vicini a Di Maio
Il primo, reduce dalla Russia, ha deciso di dare forfait perché “non si trova d’accordo” con la politica estera del M5s. Il secondo protagonista del gran rifiuto ha scelto di farsi da parte e di continuare a lavorare come comunicatore di Giuseppe Conte, nonostante per mesi avesse accarezzato lo scranno in Senato. Dunque Alessandro Di Battista e Rocco Casalino non si sono autocandidati alle Parlamentarie del M5s, una volta ascensore sociale strabiliante in grado con una manciata di clic di spedire chiunque in Parlamento.
Non ci sarà nemmeno Virginia Raggi, fuori per via della regola dei due mandati. Al contrario, ecco Chiara Appendino da Torino. Tutte le pratiche sono nelle mani di Vito Crimi. L’ultima parola spetterà a Giuseppe Conte. I pretendenti sono stati 1.165 per la Camera, 708 per il Senato e 49 per la circoscrizione Esteri.
In effetti il tempo per le autocandidature è terminato, ma mancano le regole d’ingaggio. Bisognerà essere iscritti da più di sei mesi al M5s per tentare di diventare un parlamentare grillino? E soprattutto: chi prenderà più voti nel collegio di appartenenza sarà automaticamente capolista oppure Conte, come sembra, interverrà sparigliando tutto con nomi paracadutati dall’alto? Ieri c’era chi ipotizzava che alla fine il voto online possa esserci per la ratifica delle liste, approvate dal capo politico e dai coordinatori regionali, in quanto si temono le infiltrazioni dei militanti vicini allo scissionista Luigi Di Maio. “No, si vota”.
Di sicuro, a differenza del 2018, nessuno nel M5s vuole correre nei collegi uninominali, inespugnabili. Quattro anni fa andarono tutti o quasi ad appannaggio della società civile, posizionando nel proporzionale i vincitori delle Parlamentarie. Questa volta, sondaggi alla mano, tutti sperano di essere candidati come capilista nei listini, ma, attenzione, solo da Napoli in giù dove i pentastellati contano ancora consensi. In questo clima d’incertezza – Conte è dalle parti del Circeo per festeggiare il suo cinquantottesimo compleanno – non rimane che chiedere informazioni a Crimi, una sorta Viminale del vaffa, colui da cui passano tutte le scartoffie burocratiche. Nell’attesa polemicucce di giornata. Roberta Lombardi, assessore regionale del Lazio a secco di mandati, se la prende con il consigliere comunale Paolo Ferrara dicendogli che non si può candidare perché sarebbe la quarta corsa (una in municipio, a Ostia, e due in Campidoglio). E tutti si chiedono perché Rocco Casalino alla fine abbia fatto un passo indietro. Lui dice così al Foglio: “Mi lega un rapporto di stima e profondo affetto per Conte. E questo mi crea sempre una sorta di senso di colpa che il mio nome e il mio passato possano recare un danno alla sua immagine”.
Si è tolto di mezzo per non creare problemi? “Sì, la mia presenza in lista avrebbe sicuramente scatenato polemiche e l’ultima cosa che voglio è danneggiare il M5s o Conte. Volevo poter partecipare alle Parlamentarie come tutti, volevo giocarmela”. Ancora più enigmatico, per gli appassionati del genere, il caso Dibba. Settimane e mesi a tener tutti con il fiato sospeso, salvo scomparire senza spiegare ai suoi follower il perché della ritirata.
Tecnicamente, ma mancano ancora le regole, Conte potrebbe ripescarlo come capolista alla Camera o al Senato. La stessa sorte che potrebbe toccare all’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho o al giornalista Michele Santoro. Al momento regna solo il dubbio sulle Parlamentarie: modi e tempi. Sarà un esempio di democrazia diretta (da Conte)? C’è la corsa al sud e il nord è un incubo. Lo sa bene il ministro Stefano Patuanelli, residente a Trieste e domiciliato a Roma. Ha scelto di candidarsi nel collegio dove è nato.