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Tutti i dubbi, i timori e le incertezze sul futuro del Pnrr
Il piano è il principale atto di indirizzo politico e amministrativo fino al 2027. Ma alcuni impegni assunti non sono stati rispettati prima della caduta del governo e resta da capire se riusciremo a conseguirli con il nuovo esecutivo
Dopo la crisi politica innescata dal leader del partito di maggioranza relativa, le dimissioni del governo Draghi e l’anticipata interruzione della legislatura, molti si interrogano sul destino del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Perché che la questione abbia un’importanza cruciale, per l’Italia, è noto: il Pnrr, approvato dal Parlamento e dall’Ue, è il principale atto d’indirizzo politico e amministrativo fino al 2027; la sua progressiva realizzazione è la condizione per l’erogazione di ben 191 miliardi di euro; si tratta di una formidabile occasione per il rilancio degli investimenti nelle infrastrutture e per la realizzazione di riforme rinviate da molti anni.
Ma la crisi produce incertezza. Si possono distinguere, a grandi linee, tre ambiti d’azione. Il primo riguarda gli interventi per i quali non vi è bisogno che il Parlamento modifichi la legislazione o vi ha già provveduto. Al riguardo, la direttiva impartita dal presidente del Consiglio ai ministri il 21 luglio stabilisce che il governo rimane impegnato, oltre che nel disbrigo degli affari correnti, “nell’attuazione legislativa, regolamentare e amministrativa” del Pnrr, nonché del piano nazionale per gli investimenti complementari. Il governo può così adottare gli atti amministrativi necessari per completare le infrastrutture, per esempio resistendo alle azioni intentate da quanti intendono opporsi alla realizzazione di questa o quell’opera, com’è accaduto per il nodo ferroviario di Bari.
Il secondo ambito concerne gli interventi previsti dal Pnrr che richiedono leggi o regolamenti. Come è precisato dalla direttiva, il governo può esaminare i disegni di legge collegati all’attuazione del Pnrr e approvare i regolamenti il cui procedimento di approvazione sia già in una fase avanzata. A questi atti possono essere ricondotti i decreti legislativi che richiedono l’approvazione delle commissioni parlamentari, per esempio nel settore della giustizia civile e penale.
Il terzo ambito è quello degli interventi per i quali il Parlamento deve legiferare, come ha appena fatto per la giustizia tributaria, con la legge approvata in via definitiva dalla Camera il 9 agosto. In altri casi, l’accordo è stato trovato, ma al prezzo dell’esclusione di alcune parti politicamente controverse, come quella riguardante i taxi, stralciata dal disegno di legge relativo alla concorrenza. Le istituzioni europee riterranno che gli impegni assunti nel Pnrr siano stati conseguiti solo in parte e, quindi, ridurranno le risorse finanziarie destinate al nostro paese? Dubbi ancor più seri sorgono per l’attuazione delle disposizioni della legge concernenti le concessioni balneari, da attuare mediante decreti legislativi entro l’anno: il prossimo governo deciderà di proseguire lungo il percorso iniziato o di abbandonarlo?
Dunque, l’attuazione del Pnrr può evolvere in vari modi. La situazione ricorda un celebre racconto di Borges, “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, contraddistinto da una continua differenziazione dei possibili futuri. L’incertezza non manca di riflettersi sulle previsioni sull’andamento dell’economia. Prendersela con chi formula quelle previsioni o levare alti lai per un paio di nomine effettuate in questi giorni serve a ben poco rispetto al problema di fondo: dopo aver chiesto tutte le risorse messe a disposizione dall’Ue, cioè sovvenzioni e prestiti, riusciremo a mantenere gli impegni?