Il tema dell'ordinamento europeo nei programmi elettorali
“Interesse nazionale” vs “interesse europeo”. La questione dell'Unione influenza quasi tutte le politiche del nostro paese
Il tema dell’Europa, in vista delle prossime elezioni, è il più importante perché impone o influenza pressoché tutte le politiche del nostro paese. La sintesi, pensata dai padri fondatori negli anni 50, è una “comunità di diritto” retta da un “ordinamento di nuovo genere” che, in virtù dell’art. 11, C., prevale sugli ordinamenti degli stati membri. Una sorta di condivisione di sovranità fra gli stati membri per essere più competitivi e conseguire la pace nel continente insieme. Probabilmente in questa fase i partiti di ispirazione “liberale” sono favorevoli a un grado maggiore di unità allo scopo, secondo alcuni (Macron e i suoi ministri Le Maire e Borne), di assicurare una politica industriale comune verso Cina e Stati Uniti mentre, secondo altri, di presidiare la Rule of Law non escludendo una (improbabile) evoluzione federalista. I movimenti “conservatori” sono, invece, più attenti all’ “interesse nazionale” e quindi più cauti nell’attribuire competenze all’Unione. “Interesse nazionale” vs “interesse europeo”, la tensione sana del fenomeno dell’integrazione europea, ha impegnato tutte le personalità europee di qualsivoglia colore politico (per restare ai tempi più recenti “a sinistra” Jacques Delors, Carlo Azelio Ciampi, Romano Prodi, Tony Blair, Francois Mitterand, Helmut Schmidt e Emmanuel Macron e “a destra” Helmut Kohl, Valerie Giscard d’Estaing, Angela Merkel, George Pompidou, Margaret Thatcher e Silvio Berlusconi).
Persone con sensibilità diverse ma di certo convergenti sul valore della “comunità di diritto”, e nel costruire un “level playing field” in grado di raccogliere le sfide globali. Guardando alla politica italiana, del centro sinistra italiano vi è poco da dire. Certo Enrico Letta, Matteo Renzi e Carlo Calenda, per la loro storia personale e per le loro esperienze, paiono convincenti interpreti dello Europaische Zeitgeist, eredi della scuola che in Italia fa capo a Beniamino Andreatta, Carlo Azeglio Ciampi, Romano Prodi ecc. Sicuro è il loro ancoraggio ai temi classici dell’ordinamento dell’Unione come le libertà economiche, la concorrenza e la stessa politica commerciale comune. Il punto è che neppure da Enrico Letta si vede oggi una sintesi di rilancio delle istituzioni europee.
Il centro destra pare diviso. L’alleanza del partito popolare con i socialisti e con i liberali a Bruxelles è tale che nulla sostanzialmente cambierebbe: e comunque anche dai partiti di centro italiani non si scorge un progetto di rilancio dell’Unione. Il programma di Giorgia Meloni – a quanto si comprende – merita, invece, una riflessione maggiore.
A. Sotto il profilo del governo dell’economia le tesi della Meloni coincidono con quelle di Macron e della Merkel del 2019 forse persino con colori più accesi: presidiare la competitività dell’industria italiana attraverso gli strumenti di difesa offerti dagli ordinamenti europeo ed italiano (golden power, dumping ecc.). L’obbiettivo di una politica industriale europea e nazionale più assertiva corrisponde alla migliore tradizione della politica economica italiana (Fabrizio Onida) e del diritto europeo (Giuseppe Tesauro, Riccardo Luzzatto, Giuseppe Guarino) sempre che non sia inteso per mantenere sul mercato imprese in crisi (come oggi l’Ilva).
B. Così è condivisibile l’obbiettivo, comune al centro sinistra, di allargare il catalogo dei diritti: a iniziare dalla giustizia e dalla sicurezza.
C. Sul tema delle migrazioni un leader che volesse ergersi rispetto alla minima politica locale non dovrebbe dimenticare che, da un lato varie norme internazionali di ius cogens presidiano il soccorso in mare e, dall’altro, si tratta di un fenomeno che non può essere affrontato con strumenti ordinari. Il c.d. “Blocco dei porti”, in particolare, segna un cambiamento se l’Italia, e magari l’Unione europea, convengono una politica di cooperazione con i paesi della sponda sud per aiutarli (i) a controllare i confini, (ii) alla tutela della vita umana e (iii) a valutare le istanze di ingresso in Europa dei singoli in considerazione di obbiettivi predeterminati.
D. Da ultimo il tema della “prevalenza del diritto europeo sul diritto interno” costituisce il nucleo della comunità di diritto. E da dubitare che il governo italiano metterebbe in dubbio il principio cardine dell’integrazione europea solo per attribuire rilievo all’interesse nazionale. D’altra parte non ve ne è neppure bisogno. Ne l’ha fatto alcun altro paese membro. Come si rilevava, infatti, il diritto europeo non prevale affatto sulle norme interne che veicolano principi fondamentali dell’ordinamento nazionale.