Antimercatista e nazional-populista. Io sono Giulio
Il professor Tremonti, pensatore profetico e critico spietato del presente, ha scritto un manifesto intellettuale della destra. La sua tigna sovranista però è sospetta
Il Corriere ha pubblicato il Manifesto intellettuale della destra, ohibò. Ha un titolo ampolloso, è firmato dal professor Tremonti, nuovo cantore di Giorgia Meloni dopo esserlo stato di Berlusconi e di Bossi. Il titolo giusto è: Io sono Giulio. Tremonti intona la canzone sovranista e antimercatista, antiglobalizzazione, antiliberale, su note apparentemente sensate: la pezza a colori del suo pensiero politico ha un design, non posso negarlo. Tremonti è simpatico e degno di attenzione come pensatore profetico, prefiguratore di sciagura, critico spietato del presente. La sua tigna sovranista però è sospetta, perché si intreccia con una carriera politica trash-pop, da furbetto del popolino.
Valtellinese di nascita, pavese di formazione, alla sua verve arbasiniana mancano però Voghera e il brio disinteressato, gli interessi multiformi, il sense of humour, ma gli appartiene di diritto una certa gustosa maniacalità del maestro, la tinta gaddiana. Le classi ricche e colte, e Giulio è del novero, fanno a gara ormai da tempo nello sfruttamento del capitalismo globale dei mercati, sfruttamento professionale e di stile di vita e lavoro, mescolato con il richiamo della foresta populista, sovranista e, all’occasione tardoratzingeriana, ma qui c’è un nuovissimo Marcello Pera ovviamente meloniano (e chi non lo è?) che batte tutti. Ora Tremonti scrive che con la globalizzazione è morta la sua “architettura politica”, sopra il mercato e sotto il popolo. Non esiste un’architettura politica della globalizzazione, che è una gigantesca infrastruttura tecno-politica, semmai, e non sta “sopra” i popoli, che continuano a votare e a esistere come soggetti nazionali e sovranazionali, ma “tra” gli individui e nella società cosiddetta aperta. Esiste invece, la sua, una progettata architettura politica della reazione sociale antimercatista nutrita, Trump insegna, da paure e intolleranze e razzismi, e corroborata, Putin insegna, da un sovrano e sovranista disprezzo per le procedure della democrazia liberale, per il bilanciamento dei poteri, per il rispetto anche nel presidenzialismo della democrazia delegata (la Francia insegna).
Tremonti cita la Carta atlantica per richiamare il diritto dei popoli a scegliere la forma di governo, cosa fatta con le Costituzioni che nessuna globalizzazione rimette in questione, cosa fatta non fosse per le autocrazie, le democrature e i deplorable amici di un presidente paragolpista e spione che praticano e teorizzano una democrazia illiberale. Un esempio della quale è l’idea tremontiana di un “global legal standard” che sostituisca la logica mercantilista di Bretton Woods (“Gold exchange standard”), fondamento della ricostruzione postbellica, ariete di sfondamento per la vittoria delle libertà nella Guerra fredda. Le Costituzioni si possono cambiare, e l’Unione europea è un assaggio di cambiamenti compatibili con popolarismo, socialismo, liberalismo e democrazia: il problema è come cambiarle, con una Costituente o con una maggioranza qualificata: “Io sono Guido Crosetto” è meglio.
Tremonti attacca le multinazionali della tecnologia, che hanno i difetti statu nascenti dei monopoli incontrollati, ma sono paradossalmente l’intelaiatura della società aperta e una minaccia mortale, come si vede in Ucraina, per i suoi nemici blindati. Eisenhower ce l’aveva con il “complesso militare-industriale” (1961), che era questione eminentemente nazionale oggi trasfigurata da globalizzazione e multipolarismo mondiale, e la Gettysburg lincolniana, citata dal professore per rivendicare la sola autorità del popolo, era del 1863, quando il popolo era senza neri, senza ispanici, senza moltitudini di ceto medio e di poveri, senza donne, e la democrazia era una società gloriosa ma chiusa e naturalmente oligarchica, altro che elitaria.
Ecco, va portata la dovuta attenzione a dissimulazioni e travestimenti imbellettati delle semplificazioni sovraniste, per quanto coltivati e raziocinanti, e va tenuto conto del fatto che il profetismo nazional-populista del professor Tremonti è compatibile con una architettura politica legalistica e autoritaria infinitamente meno democratica e liberale della famigerata, presunta dittatura delle élite nella globalizzazione. Insomma, se lui è Giulio, io sono Giuliano, e tra di noi c’è il governo prossimo di Giorgia e dei suoi portatori di pensiero.