Albino Ruberti, la buona politica passa anche dalle buone maniere
Roma non è Ginevra, ma sotto elezioni l’impeccabilità è di rigore. Il caso del braccio destro di Gualtieri, liquidato per rissa cum video da un Pd molto prude
Se ossigenarsi a Taranto è stato (con Arbasino e Laura Betti) il primo errore, ubriacarsi a Frosinone è il secondo. (Ossigenarsi a Taranto / è stato il primo errore / l’ho fatto per amore / di un incrociatore / e sono finito / su un rimorchiatore). Non ho il piacere di conoscere Ruberti, che durante il lockdown si comportò più o meno come il caro Boris Johnson, ma ho nostalgia dei primi anni Sessanta, quando qui da noi si poteva scherzare e sbagliare (“me te compro”, “ti ammazzo”), magari senza quella grevezza guappa ma con eguali esiti comici. Forse quel video del Fogliuzzo, complimenti per lo sgoob, ha stroncato la carriera di un disinvolto padrone dell’amministrazione romana, e questo dispiace per via che c’è di bisogno di occhi di tigre in Campidoglio.
Albino Ruberti, liquidato per rissa cum video da un Pd molto prude, con gli occhi di gattina, è il figliolo del compianto Antonio, Magnifico Rettore alla Sapienza, istituto universitario campione di culture e filologia classiche, naturale che sia sboccato nel linguaggio da Er Più. Roma non è solo la timidezza espressiva delle Bucoliche o l’epica immortale dell’Eneide o il canto universale di Lucrezio o gli idilli di Catullo, è anche la sua decadenza epigrammatica, parolacciara, emozionalmente disturbata, una decadenza che dura da duemila anni e passa. Il bravissimo avvocato milanese Iuri Maria Prado è tentato dall’astensione elettorale perché nessun partito ha nel programma “l’abolizione di Roma”, vasto programma invero. Ma anche Frosinone è difficile da estirpare.
Che volete, non vedo scandalo vero nel minacciare di conseguenze apocalittiche, alzato il gomito, su una digestione magari lenta in Ciociaria, un commensale irriverente. E c’è sempre una fidanzata che “basta, amore” e risolve tutte cose. Ci vedo un esemplare notturno e periferico della famosa Italia alle vongole che tanto dispiace alla gente che piace. Certo, a Ginevra è un’altra cosa, e non ci si può non togliere lo sfizio di pensare a come sarebbe bello un Campidoglio calvinista o una città pulita o un ambientino asettico e formale. La storia però parla d’altro, e se non era Mafia Capitale, perché non lo era, certo era un mondo di mezzo, e lo è, quello del disfunzionamento organizzato dei servizi e delle cene disfunzionali fuori porta.
Sarei meno severo con tutte le trasgressioni che sono tanto più innocenti quanto più roboanti, inginocchiati, t’ammazzo, ma verrebbe preso come un comportamento cinico. Sotto elezioni, poi, l’impeccabilità è di rigore. Si sollecita grinta, ma in altro senso, per impiegarla in ben altre risse. Qualcuno dovrà pur domare l’Ama e i comitati contro l’inceneritore, e se vengono a mancare gli amministratori guappi, bè, saranno sostituiti da gente in polpe, sperando non sia tutta chiacchiere e distintivo, come ne “Gli intoccabili”. Per evitare di apparire corrivi, facciamo dunque i ginevrini, comportiamoci bene, anzi benissimo, e vedrete che i bus passeranno ogni tre minuti, sui marciapiedi si potrà fare il picnic, la corruttela sarà solo un ricordo, le buone maniere l’eterno presente della città eterna.