promesse elettorali
Equità intergenerazionale, la grande assente dai programmi dei partiti
Dalla riduzione delle tasse all'aumento di stipendi e pensioni: con l’avvio della campagna elettorale sono tornate le promesse dei leader politici. Lo scopo è spesso quello di compiacere l’elettore nell'immediato, dimenticandosi però degli effetti negativi e dei costi sulle prossime generazioni
Con l’avvio della campagna elettorale sono tornate le promesse rivolte da ogni partito al proprio blocco sociale di riferimento: riduzione delle tasse, aumento di stipendi e pensioni, assegni una tantum, progetti di spesa per opere della cui utilità è spesso lecito dubitare, proposte di politica ambientale, industriale ed energetica caratterizzate da una visione di breve periodo. Il tutto nella prospettiva di compiacere l’elettore rappresentando un’utilità immediata in cambio del voto.
Ciò che appare del tutto assente dalla campagna elettorale è il concetto di equità intergenerazionale, che può essere definito come l’azione diretta a soddisfare i bisogni della generazione attuale senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Equità intergenerazionale che può essere declinata in due modi: richiedendo in modo vago alla generazione presente di tenere conto degli interessi delle future generazioni; o in senso più rigoroso come vero e proprio diritto delle generazioni future, da accompagnarsi con un apparato di norme che garantiscano l’effettiva attuazione degli obblighi intergenerazionali. E’ presente in alcune società evolute la concezione di dovere nei confronti delle generazioni future come espressione di riconoscenza per i privilegi di cui godono le generazioni presenti rispetto al passato: si parla di “solidarietà” intergenerazionale, in termini ancora più incisivi rispetto alla semplice “equità” intergenerazionale. Concetti apparentemente estranei a chi si candida a governare.
Non si tratta di concetti astratti, ma di un tema – quello dei diritti delle future generazioni – centrale nell’attuale dibattito giuridico internazionale, molto meno praticato in Italia, ma che soprattutto ha trovato concreta applicazione con un diffuso riconoscimento nelle nuove Costituzioni nel mondo.
Uno studio pubblicato due settimane fa (“What do law professors believe about law and legal academy? An empirical Inquiry” di Eric Martinez e Kevin Tobia”), all’esito di un’indagine condotta tra i professori di legge delle università americane, ha rivelato, tra l’altro, che una larga maggioranza sostiene il riconoscimento dei diritti delle future generazioni, intesi come i diritti di chi nascerà nei prossimi 50 anni. Un altro studio (“The rise of the constitutional protection of future generations”, di Renan Araújo e Leonie Koessler per il Legal Priorities Project) ha evidenziato come, dal riferimento ai “posteri” cui assicurare benessere e libertà, contenuto nel preambolo della Costituzione americana del 1787, alla fine del 2021, 81 Costituzioni citano esplicitamente le generazioni future con un significativo incremento a partire dagli anni 90. Contemporaneamente il riferimento diventa più efficace identificandosi le future generazioni come titolari di interessi legalmente protetti, aumenta la presenza di parole come “responsabilità”, “diritto”, “protezione”, e anche la collocazione degli enunciati si trasferisce dal piano astratto dei preamboli a quello concreto del testo della Costituzione.
Il contesto in cui il tema trova più immediata applicazione è ovviamente quello ambientale: nella Costituzione italiana già all’avanguardia nel 1947, proprio sulle tematiche ambientali è stato introdotto con la legge costituzionale 11 febbraio 2022 per la prima volta, anche se in forma “morbida”, il riferimento alle future generazioni: la Repubblica “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, recependosi peraltro previsioni già contenute in leggi ordinarie che stabiliscono, in modo più diretto, “il diritto” delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale.
Altro tema in cui si proiettano i diritti delle generazioni future è quello delle finanze pubbliche: se è vero che solo tre Costituzioni (del Bhutan, del Kenya e dello Zimbabwe) esplicitamente garantiscono che il debito pubblico non rappresenterà un onere eccessivo per le generazioni future, è altrettanto vero che tale principio è parte del diritto vivente di molti paesi. In Italia la Corte Costituzionale fin dalla sentenza 88 del 2014 ha affermato che “l’attuazione dei nuovi principi come quello di sostenibilità del debito pubblico, implica una responsabilità che, in attuazione dei principi fondanti di solidarietà e di eguaglianza, non è solo delle istituzioni ma anche di ciascun cittadino nei confronti degli altri, ivi compresi quelli delle generazioni future”; per cui tutti i cittadini devono, “anche nell’ottica di equità intergenerazionale”, essere coinvolti nei sacrifici necessari per garantire la sostenibilità del debito pubblico.
Successivamente, in particolare nelle decisioni redatte dal giudice Aldo Carosi, il tema dell’equità intergenerazionale viene approfondito e sviluppato in funzione dei principi dell’equilibrio del bilancio e di sana gestione finanziaria dell’amministrazione: “l’equità intergenerazionale comporta la necessità di non gravare in modo sproporzionato sulle opportunità di crescita delle generazioni future, garantendo loro risorse sufficienti per un equilibrato sviluppo”. Con la traslazione del debito pregresso da una generazione all’altra, senza che vi sia una correlata utilità per il sacrificio sopportato, si determina una lesione dell’equità intergenerazionale principio che, in ultima analisi, rappresenta lo strumento servente alla determinazione dei costi-benefici afferenti alle generazioni future con riguardo alle politiche di investimento in concreto adottate.
I riferimenti ai diritti delle future generazioni sono marginali nei programmi dei partiti che si presentano alle prossime elezioni e appaiono solo di maniera, visto che, ove enunciati, sono immediatamente contraddetti da proposte del tutto incoerenti: nel programma del centrodestra al punto 15 (di 15) si prevede “la valutazione dell’impatto generazionale delle leggi e dei provvedimenti a tutela delle future generazioni”. Il programma del Pd si riferisce alle future generazioni in tema di sviluppo sostenibile e lavoro evocando un vago “dovere di consegnare” loro “un pianeta migliore”. Solo +Europa propone di introdu equità generazionale rispetto alle finanze pubbliche”. Nulla nei programmi degli altri partiti.
Nel confronto tra presentism e longtermism i partiti che oggi richiedono il voto aderiscono, probabilmente inconsapevoli del dibattito in corso, alla prima corrente: sono sconfitti dall’evoluzione del diritto nel mondo, ma con la loro miopia rischiano di danneggiare il paese. Oltre a non coltivare un tema che potrebbe apparire stimolante in una campagna elettorale obiettivamente di basso profilo.