la svolta?
Draghi può sorridere: la Germania si dice pronta a promuovere il tetto al prezzo del gas
Indiscrezioni, confermate da Palazzo Chigi, dicono di una svolta maturata nel fine settimana. Il cancelliere Scholz e il suo vice Habeck valutano ora positivamente la proposta italiana. Le tappe che mancano e le ragioni del ripensamento
La notizia, a Palazzo Chigi, è arrivata stamane con tutte le premesse e le cautele del caso: che è solo un primo segnale, che manca ancora l’ufficialità, che potrebbero ancora esserci dei ripensamenti nei prossimi giorni. Ma la sostanza è che nel muro tedesco s’è aperta una crepa: la Germania si prepara a dire di sì al price cap.
La svolta, maturata nel corso del fine settimana, arriva al termine di lunghi confronti diplomatici tra lo staff di Mario Draghi e quello del cancelliere Olaf Scholz. Decisivi, poi, sono stati i colloqui che Roberto Cingolani, caparbio ministro per la Transizione ecologica, ha tenuto col suo omologo Robert Habeck, che detiene anche la delega all’Economia. Una trama intessuta con pazienza e discrezione, che ha resistito anche alle buriane politiche. “La ferma contrarietà degli inizi non c’è più”, riferivano dal Mite nei giorni scorsi, offrendo motivi di speranza a Draghi. “Certo, se non fossimo tutti in bilico per via della crisi di governo”, sospiravano a Palazzo Chigi.
E invece alla fine la bontà delle ragioni del presidente del Consiglio e del suo fido ministro ha avuto ragione anche dell’irresponsabilità del M5s e del centrodestra italiano: il tetto al prezzo del gas appare oggi una prospettiva assai più concreta di quanto non lo fosse solo una settimana fa. Molto, in questo processo, ha influito il deterioramento della crisi energetica che proprio in Germania, prima e più che in altri paesi europei, s’è presentata già a metà agosto, presagio di un autunno di sofferenza. E a quel punto, anche a Bruxelles, la posizione del governo tedesco è parsa davvero insostenibile: perché Berlino, se da un lato chiedeva ai partner comunitari un accordo di solidarietà sul gas, restava irremovibile nella sua opposizione sia al price cap sia al decoupling, ovvero al disallineamento tra i prezzi del gas e quelli dell’energia elettrica. Putin poi c’ha messo del suo: continuando a interrompere il flusso di gas che dalla Russia arriva in Europa, ha dimostrato come i timori tedeschi, per cui un’eventuale introduzione del tetto al prezzo avrebbe indotto il Cremlino a esercitare ritorsioni, fossero immotivati, nel senso che già ora, il presidente russo, quando e come vuole, quelle ritorsioni le esercita comunque. Le pressioni della Confindustria locale sulla cancelleria di Scholz, infine, hanno fatto il resto.
E così, nei dispacci riservati che i governi si sono scambiati nel fine settimana, da Berlino è arrivata una prima, parziale ma significativa apertura: siamo pronti a valutare positivamente la proposta italiana. Il tutto andrà formalizzato, ovviamente. Se ne discuterà, a Bruxelles, a partire dalla prima settimana di settembre. Prima a livello tecnico, poi la discussione si farà più politica. La ministeriale di metà mese, quando i ministri dell’Ambiente e dell’Energia degli stati membri si incontreranno di persona, potrebbe essere la sede in cui la svolta tedesca prenderà consistenza definitiva. E sarebbe, per Draghi e Cingolani, una vittoria notevole, ottenuta peraltro in regime di governo dimissionario. E verrebbe da pensare, allora, a come sarebbe andata (e a come potrebbe andare), se la politica italiana – se il M5s, con Lega e Forza Italia – non si fosse impegnata per indebolire il proprio stesso governo.