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L'estate in cui Salvini tornò Salvini

Salvatore Merlo

Pareva finito, e invece no. I sondaggi premiano l’estate circense e pazzerella del segretario della Lega

Dicevano si fosse definitivamente impratichito nel mestiere del michelasso, mangiare, bere e andare a spasso, cosa che prima gli portava inspiegabilmente un fracco di voti e poi alla fine invece soltanto qualche pernacchia e sondaggi in picchiata. E dunque già lo canzonavano, alle spalle e persino in faccia. C’erano Massimiliano Fedriga e Luca Zaia, pronti, dietro l’angolo, nell’ombra, che organizzavano colpi di stato interni al partito. Il 25 luglio della Lega. Già si immaginavano con Giancarlo Giorgetti  di fargli fare la fine di Cola di Rienzo, a quello lì, il Capitan Fracassa del Papeete: “Lo chiudiamo in una botte e lo gettiamo nel Tevere, anzi nell’Adriatico”. E invece no. E invece forse ce l’ha fatta, Matteo Salvini. Di nuovo. L’ha azzeccata, benedetto ragazzo d’oro dell’intrattenimento politico italiano.

 

Ieri è arrivato il certificato che probabilmente gli allunga la carriera e la vita (politica): la Lega ha smesso di perdere voti a rotta di collo, e i sondaggi dopo molti mesi la danno assestata intorno al 12 per cento. Stabile. Un miracolo. Suo. L’unico politico capace di autoaffondarsi e poi forse anche di risollevarsi (un po’), ma sempre con gli stessi nevrotici strumenti comunicativi di sempre.

 

Sondaggi SWG, 29 agosto 2022 

 

Di sparata in sparata, tra scostamenti multimiliardari e flat tax per tutti, dimenandosi come non mai al suo proprio ritmo, Salvini ha smesso di atteggiarsi a Churchill come faceva ai tempi di Draghi (“sono pragmatico, sono un uomo concreto”) ed è tornato il se stesso di sempre, pronto a dimostrarci una volta per tutte che non serve fingere serietà o competenza per grattare qualcosa nel pozzo nero dell’elettorato italiano. La politica è effetto di scena, diceva Kraus. E ancora il povero Kraus non conosceva Salvini. Dunque allora eccolo, Matteo l’Immortale. Il Revenant. Come Leonardo DiCaprio nel film in cui il protagonista barcollante e mezzo schiantato, tra gemiti e grugniti, sopravvive  a orsi, indiani e banditi vari con un’ostinazione disumana. Eccolo Salvini. Mentre gli italiani se ne andavano al mare, lui era sotto ogni ombrellone, accanto a ogni sdraio, forse persino dentro al secchiello della sabbia: cucù. In bicicletta e a torso nudo, ostentando le proprie imperfezioni come un vendicativo fantasma che porta la sua testa sotto il braccio: “Mangio salsiccia e sudo, sì, sono sudato. Non ho mai visto Letta sudato”. Canicattì e Cuneo, Belsedere e Golasecca, Strangolagalli e Larderello, ieri pomeriggio Salvini era a Gela ma stamattina è già a Busto Arsizio. Ha invaso l’etere televisivo  del mattino, del pomeriggio e della sera con i suoi elenchi a cantilena, ha riempito i social con i video degli immigrati che fanno le cose brutte, ha mostrato stupratori e vandali, gente che fuma nei treni e che non paga il biglietto, ha  dato da mangiare agli stambecchi e s’è mangiato lui stesso quintali di panini, infine si è messo pure a ballare su TikTok con un cappello finto in testa e i baffi, incurante di quelli che gli chiedevano: “Matteo, ma tu pippi cocaina?”. Scornato ma aggrappato ai brandelli della sua dignità professionale di telebanditore e bighellone di piazza, proprio quando sentiva  le sue parole stantie e impastate cadere come legna fresca nel camino spento dell’elettorato, ha scoperto che invece  quelle cose funzionano ancora. Almeno su qualcuno.

 

Un fuocherello si riaccende. La Lega è al 12 per cento. Per questo l’altra notte festeggiava con una diretta social da casa sua. A mezzanotte e sedici. Con un bicchiere di vino in mano, un briciolo di stordimento chiamato felicità. Alla fine chissà che un giorno non si studi nelle università il caso politico di Salvini, il fenomeno che nel 2022 riuscì a perdere più della metà dei voti della Lega pur conservando la segreteria grazie alle sue doti di impresario circense.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.