Andrea Augello durante un discorso in Parlamento (Ansa)

“Usiamo i fondi strutturali Ue per le bollette, ci sono 20 miliardi”. Parla Augello (FdI)

Salvatore Merlo

La misura è già stata usata all’inizio della pandemia, diede flessibilità nell’uso dei fondi e fu attivata tramite un’autorizzazione della Commissione europea. Il candidato capolista per il Senato nel Lazio di Fratelli d'Italia spiega la sua proposta

E’ stato assessore al Bilancio della regione Lazio, poi sottosegretario nel quarto governo Berlusconi, senatore del Pdl, Andrea Augello è da oltre trent’anni uno dei leader riconosciuti della destra romana, prima in An e oggi in Fratelli d’Italia che lo ha candidato capolista per il Senato nel Lazio. Da sempre “regista” politico, all’ombra del leader nazionale, Augello è anche un conoscitore appassionato della finanza pubblica. “E forse per questo vorrei permettermi di fare una proposta, fin qui ventilata in una battuta televisiva soltanto da Giovanni Toti”, dice.

 

Perché non utilizziamo i fondi strutturali europei per aiutare le aziende, che rischiano il fallimento, a pagare le bollette energetiche? E’ stato già fatto all’inizio della pandemia, a marzo e poi ad aprile del 2020. Si chiamava ‘Coronavirus response investment initiative’. Con quel sistema venne data flessibilità nell’uso dei fondi. Basta un’autorizzazione della Commissione europea e la scrittura di un regolamento. Sono cifre considerevoli,  fino a 20 miliardi di euro sui circa 70 miliardi complessivi, che si possono sommare ai circa 10 miliardi che il governo fa capire di avere già trovato nelle pieghe del bilancio. E’ semplice. E’ una procedura già rodata. E ha il vantaggio di non appesantire ulteriormente il debito pubblico. Anche se, attenzione, si tratterebbe comunque di un intervento tampone. Di una pezza. Come tutto ciò di cui si discute finora. In termini un po’ surreali, aggiungo io”.

 

Perché surreali? “Perché l’afflato ecumenico che spinge quasi tutte le forze politiche oggi a rivolgersi a Mario Draghi per garantirgli sostegno e chiedergli di intervenire sull’emergenza energetica non può limitarsi a una generica invocazione del presidente del Consiglio. Ma deve essere riempito di contenuti.  Cosa fare, come farlo e quando. Secondariamente, il dibattito mi pare squinternato perché verte sostanzialmente sul dubbio amletico ‘dobbiamo o no ricorrere a un massiccio indebitamento di circa 20 o 30 miliardi per tamponare la crisi?’. Il che è surreale, ripeto, se nel frattempo non abbiamo la certezza che si stia lavorando anche a precise soluzioni strutturali in Europa. Mi spiego meglio: il governo potrà anche trovare adesso 10 miliardi, poi potremo anche aiutare il governo a riscrivere la norma sugli extraprofitti che è stata colpevolmente redatta malissimo e ora rischia infatti di provocare un buco di bilancio, infine potremo persino aggiungere a queste somme i 20 miliardi dei fondi europei come propongo io... ma una volta finiti tutti questi soldi, e vi assicuro che finiscono nell’arco di non più di quattro mesi, ecco che la situazione tornerebbe esattamente come prima”.

 

E infatti si parla di un tetto europeo al prezzo del gas (price cap) o di un intervento per separare il prezzo del gas da quello dell’energia elettrica potenzialmente più basso perché originato anche dal costo delle energie rinnovabili (decoupling). “Ma è proprio questo il problema”, dice Andrea Augello. “Non si sa cosa sarà fatto. Né come sarà fatto. Il punto è: per quale ragione non si è affrontata questa situazione prima dell’estate, aspettando una degenerazione del prezzo del gas che tutti prevedevano? Perché ancora adesso stiamo aspettando una riunione di metà settembre dei ministri europei dell’energia che comunque si è già capito che non sarà decisiva e che rinvierà questa scelta invece urgentissima? Noi guardiamo con favore alla proposta di Draghi di costituire un tetto ai prezzi. Ma se i russi sospendessero le forniture cosa succederebbe? Nessuno sa dare una risposta. Inoltre è molto complicato imporre un tetto al prezzo del gas a una controparte smaliziata come quella russa. Se loro sfuggissero al price cap finirebbe che la differenza tra il costo reale del gas e il valore imposto dal tetto ce la dovrebbero mettere gli stati europei. Un salasso. Per questo motivo è urgentissima, adesso, subito, la  sapiente ricerca d’un equilibrio tra il decoupling  e il price cap, l’individuazione insomma di uno strumento flessibile. Una cosa per cui, superata una data misura di prezzo scatta un meccanismo d’intervento che mette un tetto al costo del gas. Questo scoraggerebbe la speculazione e porterebbe a una discesa dei prezzi, forse non uguale a quella che avverrebbe con un price cap rigido ma comunque una discesa. Ecco. Sono tutte strade percorribili. Ma sarebbe utile sapere, oggi non fra tre mesi, quale di queste  strade vuole intraprendere l’Europa. Saperlo è vitale per orientare le politiche di bilancio dei singoli paesi europei. Serve a disegnare le misure intermedie, nazionali, quelle che intanto mettono una pezza. Galleggiare nell’incognito è pericoloso, per l’Europa, per gli stati nazionali, e in particolar modo per un paese ultra indebitato come l’Italia. Inoltre questa situazione alimenta l’inflazione. Finiti i soldi racimolati per gestire l’emergenza in attesa di una vera soluzione che intanto non arriva, resterebbe solo un sistema per evitare fallimenti a catena nel nostro sistema produttivo e perdita di competitività rispetto agli Stati Uniti e alla Cina: fare debito. Per questo dico che il dibattito è surreale e disgraziatissimo”. 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.