L'asse tra Conte e Bettini: dopo il voto, una nuova "cosa rossogialla" a sinistra del Pd
Conte esulta e punta al 15 per cento: "Letta dovrà inseguirmi". Il monaco dem, tornato a Roma dalla Tahilandia, rinvia a ottobre l'uscita del suo libro e prepara la battaglia interna. E dispensa i suoi consigli all'ex premier: dopo le elezioni, il Nazareno svolterà al centro e la sinistra si unirà al M5s
Tutto a sinistra, dunque. Giuseppe Conte, un po’ come quei prestigiatori che intuiscono che il numero ammalia il pubblico, e quindi lo replicano, con questa storia del Mélenchon di Volturara pare averci preso gusto. Rinfrancato, del resto, da sondaggi che attestano l’efficacia di una campagna giocata sullo spartito gauchista. E lui allora l’insiste. Persevera. Esagera, perfino, fino a dire che “il metodo Draghi è un pericolo per la democrazia”. Lo fa per l’oggi, certo, il capo del M5s, per salvare la pelle nelle urne e ridere in faccia a chi lo dava per morto. E lo fa, però, anche per il dopo. Seguendo, in questo, i consigli di quel Goffredo Bettini che dell’avvocato del popolo continua a dire ogni bene. “E’ con lui che dovremo tornare a stare”, dice il Monaco del Pd, tornato a Roma dal suo buen retiro thailandese solo da qualche giorno.
Un riavvicinamento, quello con l’ex premier, che Bettini considera inevitabile, anche a costo di scombussolare la calma apparente che regna al Nazareno. Perché, questo è il senso dei ragionamenti offerti ai suoi interlocutori nelle sue lunghe telefonate postferragostane, dopo le elezioni una resa dei conti nel Pd sarà inevitabile, e se nel congresso che verrà dovesse vincere, come pare probabile, Stefano Bonaccini, il partito tornerà a spostarsi al centro, forse reintegrando tra i ranghi anche Renzi e Calenda. “E a quel punto non si potrà che ripartire da sinistra”. Non si potrà, insomma, che lavorare a una grande cosa rossa che unisca la sinistra dem, la vecchia “ditta”, i Verdi e, appunto, Conte.
Bettini, insomma, pronto a uscire dal Pd? Chi ci ha parlato non lo esclude. Di certo c’è che per lui, per l’ex europarlamentare romano, il 25 settembre non sarà che il preludio di una sfida che andrà giocata in autunno. E forse è per questo che Bettini – che dalla capitale era andato in astio con Letta che non aveva accettato la caldeggiata candidatura in Parlamento del pupillo Enrico Gasparra – sta valutando di rinviare l’uscita del suo libro a dopo le elezioni: l’intenzione è quella di sfruttare la promozione del volume – un saggio, pare, che vuole essere un manifesto per la rifondazione della sinistra italiana, nel segno di un socialismo moderno e di un ecologismo intransigente, che parta dall’ammissione delle colpe mai espiate – per alimentare la campagna congressuale, e per favorire la fusione rossogialla. Ipotesi che a Conte non deve dispiacere, se dalle parti di Campo Marzio, i suoi più vicini collaboratori la commentano con laconico entusiasmo: “Magari!”.
E insomma ha voglia Enrico Letta a dire che le suggestioni di un ritorno da Conte verranno spazzate via dall’affermazione elettorale del Pd, e che il M5s resta comunque “il partito di Grillo”. Hanno voglia, al Nazareno, a spiegare che queste pose da novello campione del progressismo da parte del capo grillino non sono altro che l’espressione di una “attitudine istrionica”. Sta di fatto che anche dentro il Pd – da Provenzano a Boccia, per dire dei soli membri della segreteria – c’è chi vagheggia un ritorno di fiamma. Figurarsi, poi, nella coalizione.
Dalle parti di Pier Luigi Bersani, ad esempio, ripetono che “la nostra gente resta disorientata sul perché abbiamo liquidato a un mese dal volo un’alleanza a cui avevamo lavorato per quattro anni”. Nelle sedi locali di Articolo 1 arrivano militanti ad annunciare il loro voto disgiunto: “Alla Camera per Conte, al Senato per i nostri”. E un po’ di questa paura deve essere risuonata anche tra i corridoi del Nazareno, insieme con gli allarmi che arrivano dalla Campania e dalla Puglia (“Dove i 5s rischiano di vincere anche gli uninominali”), se i due eventi elettorali che Letta terrà nella settimana prima del voto con Roberto Speranza e lo stesso Bersani saranno, con ogni probabilità, a Napoli e a Reggio Calabria.
“Se ora arrivano a farsi paladini, loro, del nostro Reddito di cittadinanza, vuol dire che siamo sulla strada giusta”, dice Conte. “Il Pd ci sta rincorrendo dopo averci scacciato”, insiste, convinto che il M5s potrà stabilizzarsi intorno al 12-13 per cento, forse puntare addirittura al 15. Tutta a sinistra, allora. Aspettando, magari, la cosa rossogialla che verrà. Seguendo insomma la rotta indicata da Bettini, che del resto i contatti con Conte non li ha mai recisi, e che anzi li ha rinnovati proprio mentre Letta li rinnegava. E’ lui, Goffredone, il punto di riferimento del punto di riferimento. Per il voto, e per quello che ne seguirà.