La crisi

La "delocalizzazione" di Salvini. Dirigenti dimissionari e militanti obiettori

Carmelo Caruso

Deputati calpestati dalle scelte elettorali lasciano il partito in silenzio. In Veneto la vecchia guardia si rifiuta di volantinare. La doppia Lega l'ha creata il capo del Carroccio 

Se un partito come la Lega dice a un suo dirigente: “Candidati sindaco della tua città. Sacrificati, provaci. La Lega non lo dimentica”, quel deputato non si aspetta un premio ma non si attende neppure di essere maltrattato e mortificato di fronte alla sua comunità. Possiamo farvi un elenco, e lo faremo, di “umiliati e offesi”. Si tratta di deputati, segretari che stanno praticando la più nobile delle proteste. Si dimettono e scrivono: “Leghisti, addio!”. Sono i cassintegrati della militanza, gli esodati della passione. La Lega sta dismettendo il merito.


Matteo Salvini non si sbaglia quando dice che: “Il segretario della Lega resterò io, comunque vadano le elezioni”. La domanda che dovrebbe farsi è “insieme a chi resterò?”. In Sardegna, due giorni fa, si è dimesso il vicesegretario regionale Massimiliano Piu. Quattordici anni di volantinaggio, di campagne elettorali, tessere rilasciate. Ha presentato la sua lettera di dimissioni “con effetto immediato”. Quando La Lega fa sapere, e lo ha fatto sapere, che “nuovi amministratori locali hanno aderito al progetto” lo fa perché ha bisogno di nascondere le notizie delle uscite. Sono figure storiche, bandiere. Chi sta lasciando adesso spegne il lume dei ricordi. Si stanno lentamente facendo da parte i leghisti che si sono presi gli sputi prima della sbornia di potere. E’ il secondo tempo di un esodo cominciato mesi fa e che il Foglio aveva già anticipato. Il 31 agosto, a L’Aquila, si è dimesso Tiziano Genovesi, ed era segretario provinciale della Lega. Ha dichiarato che ormai la Lega è un “poltronificio”. A Pavia, Cristiano Migliavacca, sindaco leghista di Lardirago, ha riproposto sui social questo manifesto funebre: “Improvvisamente è mancata all’affetto dei cittadini di Pavia, la politica del territorio”.

 

A Belluno, il 28 agosto, al gazebo della Lega si è presentata la candidata Ingrid Bisa e i leghisti l’hanno salutata così: “Ma tu chi sei? Che cosa hai fatto per questa provincia?”. A Treviso, una città amministrata da un bravo sindaco leghista, Mario Conte, il candidato naturale al Senato era per tutti Massimo Candura, espressione della città. E’ stato escluso. Dopo questa decisione i militanti si sono rifiutati di organizzare i gazebo. Ci sono infatti due modi per maltrattare un deputato leghista alle elezioni. Il più decoroso, alla fine, è l’esclusione dalla lista mentre il più degradante è un altro. E’ candidare dirigenti che si sono spesi per il partito ma inserirli in una posizione ineleggibile. Il caso più clamoroso è quello di Paolo Grimoldi, uno che è stato segretario della Lega lombarda, l’ultimo a essere eletto. Tre giorni fa si è chiesto sul suo profilo social cosa resta nella Lega di queste parole: meritocrazia, appartenenza al territorio, anzianità di militanza.

 

A Varese, Matteo Bianchi, anche lui deputato uscente, aveva accettato di candidarsi sindaco. I leghisti sapevano che difficilmente sarebbe stato eletto, ma gli hanno ordinato: “Si deve fare per il partito. Non verrà dimenticato”. Hanno scritto che Bianchi abbia pagato la sua vicinanza al ministro Giancarlo Giorgetti. Ma Bianchi a chi ha risposto “obbedisco, mi candido anche se perdo nella mia città”? Lo ha detto a Giorgetti o lo ha detto a Salvini? Cosa accade a un dirigente leghista, un ex deputato quando non viene ri-candidato? Si tenta di sporcarlo. In Piemonte, il deputato Paolo Tiramani, che la Lega avrebbe dovuto riproporre anche solo per la sua storia da ex sindaco di Borgosesia (da dieci anni attende una sentenza; ma non era la Lega che comprendeva le difficoltà degli amministratori locali?) è stato accusato, e falsamente, di tramare per passare a FdI. Lo dice ovviamente chi punta al suo posto da commissario provinciale di Vercelli. Ecco come si sfasciano comunità e sezioni.

 

Dall’altra parte dell’Italia, in Sicilia, aver aperto le porte a campioni del voto, come Valeria Sudano e Luca Sammartino, ha scatenato una battaglia di cariche. Sudano e Sammartino vogliono prendere il posto del segretario regionale Nino Minardo che era stato candidato da Salvini come possibile presidente della regione. Per giustificare le defenestrazioni la frase utilizzata è stata questa: “C’è il taglio dei parlamentari”. Ma forse i leghisti di Bergamo non sanno che a Trapani si è permesso a una candidata di avere il paracadute del paracadute. E’ il caso di Maricò Hopps, candidata per la Lega al Senato, ma candidata pure all’Assemblea regionale con l’Mpa, che in Sicilia è il partito satellite della Lega.

 

In Toscana si è invece preferito “declassare” uno storico dirigente, come Mario Lolini, nientemeno che il segretario regionale, per tutelare il pensiero economico di Claudio Borghi. Lolini è rimasto in silenzio. Come si può dire che la Lega è il partito degli amministratori locali quando il responsabile degli enti locali, Stefano Locatelli, difficilmente entrerà in Parlamento? Salvini non si è ancora reso conto di aver trasformato in realtà quello che riteneva una finzione dei giornali. Non è più necessario immaginare una Lega senza Salvini. E’ Salvini che ha delocalizzato la Lega.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio