Il reportage
Letta tra Jeeg e il tandem populista Emiliano-De Luca per lanciare 300mila assunzioni al Sud
Il leader del Pd presenta il “manifesto per il Sud” in una Taranto stretta da un caldo afoso, accanto all’emiro Michele Emiliano e allo sceriffo Vincenzo De Luca, che asfalta Conte. Il governatore pugliese contro la Meloni “leader fragilissimo dei protofascisti”
Taranto - Nell’emirato pugliese domenica 11 agosto, ci sono 32 gradi alle 12, quando Enrico Letta, segretario nazionale del Pd, entra nel Teatro Orfeo. I lidi della litoranea ionica sono stracolmi di famiglie e ragazze dai costumi striminziti a caccia dell’ultimo bagno settembrino, il politeama un po’ meno. C’è qualche posto vuoto, nonostante il parterre: per presentare il “manifesto per il Sud” e lanciare la promessa berlusconiana “di assumere 300mila giovani meridionali nella pubblica amministrazione”, accanto all’ex premier c’è un tandem d’eccezione composto dallo sceicco Michele Emiliano e dallo sceriffo Vincenzo De Luca.
In una regione nella quale il centrodestra punta al cappotto negli uninominali, Letta rilascia le prime dichiarazioni, proprio nella città siderurgica, con alle spalle una riproduzione di Jeeg Robot, il manga giapponese dal “cuore d’acciaio”. Forse un auspicio dello spirito (elettorale) del tempo.
Il clima in platea si riscalda già con le presentazioni degli ospiti. Al nome di Vincenzo De Luca parte una ovazione. Non è solo politica, è dunque attesa dello show. Il governatore campano accende gli animi dopo l’intervento melenso del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci (“mentre si incentivano le energie fossili, si schiudono nella città dell’Ilva le uova delle tartarughe caretta-caretta”).
Con piglio da tribuno populista, De Luca si lancia in una “operazione verità”, nella quale lancia siluri contro il M5S. La platea si spella le mani, non Emiliano che i grillini li ha nella sua giunta. “Davanti alla crisi sociale dell’Italia avevamo tutte le ragioni e gli obblighi di mettere su una coalizione per contrastare il centrodestra - tuona il governatore campano - ma non ci siamo riusciti perché ci sono state alcune componenti che hanno preferito salvare se stesse al salvare l’Italia”.
Messaggio a Calenda: “Lo apprezzo, ma è stato eletto nel Pd. Siamo tutti debitori a una organizzazione. Ecco, Calenda, quello che dici con chi pensi di farlo, con il tuo 7 per cento?”. Poi torna a martellare i grillini. “Il sindaco di Taranto mi ha detto che governa con il “campo largo”. Mi è venuto spontaneo dire: “O madonna santa”… Non sono un samaritano come Letta, qualcosa bisogna dire a Conte che gira per l’Italia”. L’avvocato di Volturara è paragonato a un turista svedese: “Hai fatto il premier, per tre dei quattro anni della legislatura, non puoi fare il visitatore”.
Poi fa esplodere la platea quando racconta un aneddoto da sindaco: “Conte dice che deve andare “a occupare Bruxelles”. Quando ero sindaco fronteggiai dei senza tetto falsi. Occuparono una mansarda pubblica. Li chiusi dentro fino alla mattina dopo. Ecco Conte, attento, che a Bruxelles ti chiudono dentro…”. Nel canovaccio del campano anche la Meloni, ai cui cortei durante la pandemia “si andava senza mascherina”: “Mi chiedo cosa succederebbe con un governo opportunistico davanti a certe situazioni”. De Luca, dopo una battuta folgorante sui possibili “problemi di prostata” da affrontare con il senatore Antonio Misiani (nel listino bloccato pugliese), si congeda ribadendo l’importanza “della Carta dem di Taranto”, e delle prossime assunzioni in un territorio a rischio desertificazione.
Tocca poi a Emiliano, che si dimentica delle foto scattate sorridendo con la Meloni qualche settimana fa a Manduria (nella masseria di Bruno Vespa), e attacca a testa bassa la presidente di Fdi, “leader debolissima” per la “fiammella con cui gireranno il mondo, quella accesa sulla tomba di Mussolini”. C’è una carezza per il ministro degli Esteri, in pieno stile cabaret: “Di Maio è molto cambiato, De Luca lo ha raddrizzato. Vorrei vedere un comizio tra Enzo e Luigi…”. E chiude con un monito vecchio Pci, anche per far dimenticare il “tradimento” del sindaco di Nardò Pippi Mellone, vicino alle destre, che dopo averlo sostenuto alle regionali, ha scelto di nuovo la Fiamma: “La Puglia, come la Campania, è Stalingrado, da qui non passeranno. Sputeranno sangue per cambiare quello che abbiamo realizzato in questi anni”. Standing ovation.
Dopo i due interventi pirotecnici, la relazione finale di Enrico Letta ha toni ben differenti. E’ una rivendicazione della questione meridionale come caposaldo del programma Pd (“combatteremo con tutta la nostra forza rispetto al tentativo che la Lega e Salvini fanno di togliere quella soglia del 40 per cento di premialità per i fondi del Pnrr nel Mezzogiorno”) e una nuova occasione per demolire la prossima premiership della Meloni, che non è nuova ma “ha governato da ministro della gioventù dal 2008 al 2011, quando la disoccupazione giovanile è aumentata esponenzialmente”. Fino alla summa dal sapore un po’ silviesco, con le 300mila assunzioni nella pubblica amministrazione, che diventerebbero nella “Carta di Taranto” magicamente 900mila fino al 2029. Manca poco e siamo al milione del Cavaliere. “Viva il Sud, viva il Pd, viva l’Italia”. Cala il sipario.