la strategia

Salvini continua a smarcarsi da Meloni. E i leghisti veneti: "Senza autonomia niente governo"

Ruggiero Montenegro

Il segretario del Carroccio prenota il Viminale e marca il distacco dall'alleata. Lo scostamento di bilancio? "Non capisco perché Giorgia tentenni". La bicamerale? "Non mi entusiasma". Poi rilancia sull'autonomia, su cui la Liga veneta annuncia battaglia: "È la nostra linea del Piave"

Prova a smarcarsi e si prenota il ministero, distingue e attacca, per provare a riprendere quota. Con un occhio a Roma e l'altro alla beghe interne, quelle che arrivano dal Veneto. Schiacciato dall'avanzata di Fratelli d'Italia, Matteo Salvini gioca a fare il guastafeste e marca il distacco dalle proposte di Meloni. A partire dallo scostamento di bilancio per fronteggiare l'emergenza bollette: "Non capisco perché l’amica Giorgia su questo tentenni", ha detto ieri il leader leghista, che oggi addirittura rilancia, invitando i suoi ad attaccare l'alleata.

 

Nel frattempo ritorna al suo grande cavallo di battaglia, l'immigrazione. Tornerà a fare il ministero dell'Interno? "La Lega ha dimostrato di saper bloccare l'immigrazione clandestina. Le cose che funzionano vanno riconfermate", risponde al Giornale, in una lunga intervista. Ma sembra anche una risposta a quelle voci che trapelano da FdI, secondo cui al Viminale "Salvini non c'andrà: o la capisce da solo o glierlo faranno capire".  Poi, ribadisce il punto di vista sul caro energia - "è necessario mettere sul tavolo 30 miliardi oggi" -, e torna pure sulle sanzioni alla Russia: "Si vogliono continuare? Bene. Ma allora l'Europa offra sostegno alla famiglie e alle imprese italiane come successo per la crisi Covid". 

 

E ancora: il presidenzialismo e una bicamerale per le riforme? "Non mi entusiasma l'idea, perché credo che gli italiani adesso ci chiedono ben altro", è il punto di vista del capo del Carroccio, freddo sulla proposta di Meloni. Piuttosto, si capisce dalla parole di Salvini, dovendo mettere mano alla Costituzione è l'autonomia l'elemento su cui battere: "La Lega era, è e resta un baluardo per la difesa dei territori. Da nord a sud", sottolinea il senatore, prima di rivendicare che "nel programma di centrodestra c'è l'autonomia perché l'ha chiesta la Lega". E non Fratelli d'Italia, insomma.

 

Un messaggio che Salvini manda in particolare al Veneto, quello che fino a poco tempo fa ha rappresentato lo zoccolo duro dell'elettorato leghista e che invece oggi è diventato una grande incognita. Nella regione di Zaia, i consensi si sono spostati in larga parte verso Meloni. Da quelle parti, il mondo produttivo non aveva gradito il contributo del Carroccio alla caduta di Draghi. Ora, non passa giorno senza che anche la politica, i suoi politici - assessori, amministratori, militanti della prima ora - lancino ultimatum e prese di posizione. E se Zaia ieri si era rivolto agli alleati, invitandoli a chiarire la posizione sull'autonomia, più in basso vanno oltre, pronti all'ammunitamento: senza l'autonomia, salta tutto.

Per esempio Roberto Marcato, assessore Regionale Sviluppo Economico e fondatore Liga Veneta, la mette così: "Se l'autonomia non venisse concretizzata si tradirebbe la parola data ai cittadini e non avrebbe più senso rimanere al governo", racconta al Corriere del Veneto. Rincara la dose Gianangelo Bof, sindaco di Tarzo e candidato alla Camera. Per lui, l'autonomia è "veramente la linea del Piave. È imprescindibile, non ci sono più scuse". Un coro a cui si aggiungeanche Nicola Finco, vicepresidente del Consiglio regionale che ne fa quasi una questione esistenziale: "Se vogliamo salvare la Liga Veneta, la nostra storia e il nostro dna, dobbiamo ottenere subito un'autonomia concreta. In caso contrario possiamo prendere e lasciare il governo il giorno dopo".

Messaggi per Giorgia Meloni, certamente, di cui non si fidano troppo. Ma anche per Matteo Salvini, che della riforma leghista per antonomasia dovrebbe essere il garante, specie in un governo che si annuncia a trazione centrodestra. L'avvertimento è chiaro, intanto Zaia e Fedriga continuano a scaldarsi.