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Tutti sul ring

“L'autonomia è una battaglia del Pd”. I dem studiano la controffensiva per il Veneto

Francesco Gottardi

“Ci vuole un nord forte per trainare il paese”, sostiene Fassino, superando le titubanze di Letta. Dopo Lega e FdI, anche il centrosinistra corteggia la riforma federalista. Ma com’è che tutti la vogliono e nessuno la fa?

La pianura s’è fatta magma. Vincitori e vinti da rimescolare: presto il Veneto sarà giudice inflessibile, pure di cattivo umore. Con la partita per l’autonomia a fare da sensibilissimo ago della bilancia. Così può bastare una parola fuori posto – o fuori forma – per deviare il corso dei consensi. Anche se rimbomba dalla remota Taranto: “L’Italia è una”, ha dichiarato Enrico Letta durante un comizio. “Svilupperemo l’autonomia differenziata soltanto all’interno di una logica nazionale”. La Lega esulta, ossigeno della disperazione. Dice che il Pd ha finalmente gettato la maschera. “La Lega è nel caos, dunque mistifica e fa propaganda”, ribatte Piero Fassino, candidato in lista dem alla Camera nel collegio di Venezia, Treviso e Belluno. “Io sono da sempre un convinto federalista. Decentralizzare è essenziale, per garantire flessibilità e capillarità all’intervento politico. Il problema è come farlo: il nostro segretario ha spiegato con buonsenso che bisogna attuare l’autonomia senza spaccare l’unità del paese”.

Però Letta l’ha detto in Puglia, fortino dei 5 Stelle in ripresa. “Avrebbe potuto dirlo ovunque”. Anche a Vicenza? “Anche a Vicenza. Non c’è nulla di eretico nella sua frase. Vi dirò di più: il 70 per cento del prelievo fiscale e delle partite Iva arriva dalle regioni del nord, da dove partono i tre quarti delle esportazioni italiane. Quindi i problemi del Veneto vanno gestiti in base alle sue specificità: per tirare fuori il Meridione dalla sua crisi, ci vuole un nord forte in grado di farlo”.

 

Insomma, benedetta autonomia. Il Carroccio rivendica la paternità del referendum del 2017. Fratelli d’Italia, parola del coordinatore regionale De Carlo a questo giornale, sostiene che “presidenzialismo e federalismo possono convivere benissimo”. Il Terzo polo si lamenta, “perché c’era la legge quadro di Gelmini già pronta, però qualcuno ha preferito far cadere il governo Draghi”. Pure il Pd si lamenta, sottolinea Giacomo Possamai, giovane capogruppo dem in Veneto, “perché c’era la legge quadro di Boccia già pronta, però qualcuno ha preferito far cadere il Conte bis”. Ma com’è che tutti la vogliono e nessuno la fa? “L’unica riforma autonomista nella storia repubblicana è quella del Titolo V, realizzata dalla sinistra nel 2001”, continua Possamai. “Chiunque raccolga il testimone dopo il 25 settembre ha il compito di rimettere al tavolo stato, regioni ed enti locali. E stavolta percepisco un clima molto diverso rispetto alle altre elezioni: il mondo confindustriale sta virando verso il Pd perché si sente tradito da Salvini”.

 

Sondaggi alla mano però, il travaso dalla Lega sembra andare dritto verso i meloniani. Fassino ammette che “è così, come in tutta Italia”. Ma ritiene la sfida ancora aperta. “Con Letta candidato a Vicenza, Lorenzin a Padova e io a Venezia vogliamo inviare un messaggio chiaro: chi ambisce a governare il paese non può non rappresentare le sue aree forti. E l’ansia del tessuto imprenditoriale del nordest è evidente. I suoi due principali mercati di importazione sono la Germania e la Francia: anziché costruire un rapporto con loro, Meloni propone una conflittualità aperta che danneggerebbe il nostro sistema produttivo. Anche sull’immigrazione, Salvini e FdI non capiscono che qui nel nordest un terzo dei lavoratori è straniero. Senza di loro molte aziende chiuderebbero”.

Casca davvero a pennello l’osservazione amica di Arturo Lorenzoni, esterno al Pd: “Oggi la sensazione è che Letta dica le cose giuste nel modo sbagliato”, spiega il portavoce dell’opposizione che affrontò Zaia nel 2020. “La destra invece dice le cose sbagliate nel modo giusto. E così sembra che abbia ragione”. In casa dem, fare campagna elettorale porta maggior entusiasmo. “Da ministro per il commercio estero conosco bene queste terre: dalle industrie del legno nel trevigiano alle vetrerie di Murano”, chiude Fassino. “E da queste parti, molti per strada mi salutano. Non significa automaticamente che votino Pd. Ma è segno di attenzione e rispetto”. Piuttosto che niente, si sa, meglio piuttosto.

 

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